Allarme per l'attentato a Di Matteo | "Contatti" con Riina per il via libera - Live Sicilia

Allarme per l’attentato a Di Matteo | “Contatti” con Riina per il via libera

Un anonimo scrive che Matteo Messina Denaro progetta l'attentato contro il pm antimafia con l'avallo del capo dei capi. Che avrebbe dato l'ok tramite il figlio. Tra i due ci sarebbe stato un "contatto" definito non ufficiale.

Il retroscena
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PALERMO – Un attentato deciso “dagli amici romani di Matteo” (Messina Denaro ndr). Per eliminare il pubblico ministero Nino Di Matteo il latitante di Castelvetrano avrebbe “coinvolto altri uomini d’onore, anche detenuti”. Persino “Riina, tramite il figlio è d’accordo”.

Così scriveva un anonimo in una lettera recapitata in Procura ad aprile scorso che oggi è impossibile non accostare alle dichiarazioni del confidente che a inizio luglio ha parlato di “quindici chili di tritolo” arrivati in città per uccidere il pm della trattativa Stato-mafia. Lo scenario, già di per sé inquietante, lo diventa ancora di più quando entrano in ballo i riscontri che gli investigatori avrebbero trovato alle frasi dell’anonimo.

Totò Riina e uno dei figli sarebbero entrati in contatto. Un contatto “non ufficiale”, si limitano a dire alcuni fonti investigative. Una non ufficialità inquietante. Il capo dei capi ha due figli maschi: Giuseppe Salvatore, che vive dal 2012 in regime di sorveglianza speciale a Padova, e Giovanni, condannato in via definitiva all’ergastolo. Come sarebbe riuscito uno dei due ad entrate in contatto con il padre sepolto al 41 bis? Cosa significa contatto “non ufficiale”? Fuori da un colloquio carcerario autorizzato? Inutile chiedere spiegazioni.

Si intuisce, però, il perché le ultime notizie del confidente, un personaggio che gravita nel mondo della droga contiguo agli ambienti mafiosi, abbiano fatto scattare lo stato d’allerta e il livello massimo di protezione per il pm Di Matteo. Il confidente, infatti, non ha fatto riferimenti specifici al magistrato. Ci sono però dei particolari che rimandano a quanto descritto dall’anonimo che, invece, indicava con precisione il pm. A cominciare, dai riferimenti temporali. Entrambi parlerebbero dello stesso progetto di morte.

E soprattutto ci sarebbe il riscontro su quel contatto “non ufficiale” fra Riina padre e figlio che giustifica lo stato di allerta, che da giorni è al livello massimo. A Di Matteo è stata rafforzata la scorta con l’aggiunta di tre carabinieri del Gis, il Gruppo intervento speciale. Le tese di cuoio vigilano ora sulla sicurezza del magistrato che, con altri tre colleghi – l’aggiunto Vittorio Teresi e i sostituti Francesco Del Bene e Roberto Tartaglia – rappresenta l’accusa nel processo sulla trattativa Stato-mafia. Il clima è tutt’altro che facile anche per loro. Due settimane fa, qualcuno ha fatto irruzione nella casa di Tartaglia, in pieno centro a Palermo. All’appello manca una pen drive, mentre gli oggetti di valore non sono stati trovati. Mentre a Del Bene mesi fa sono arrivate minacce da due mafiosi detenuti.


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