La donna che, non da sola, ha aiutato il cammino dei bimbi sperduti e poi ritrovati di Palermo sa che dietro ogni smarrimento c’è un grande dolore. Per questo dice: “Ci stiamo occupando della piccola Aurora, sono cose molto delicate che non consentono giudizi preventivi”. Aurora è il nome che, all’Ospedale dei Bambini, hanno dato a una bimba positiva al Coronavirus, lasciata in corsia da chi l’ha accompagnata. Ed è bene riferirne con misura e cognizione di causa.
La donna che difende pure i bambini di Palermo, con altre donne e uomini, si chiama Cinzia Mantegna: è la coordinatrice dei servizi sociali dell’assessorato guidato da Giuseppe Mattina. Ha una lunga esperienza da assistente sociale. C’era, anche se non si occupò direttamente del caso, quando, nel 1987, la città scoprì la storia di Maria Concetta Mazzola, Maricò, creatura innocente di tre anni, massacrata in un tugurio in vicolo Montesanto, dalle parti della stazione e poi morta. Una storia di terribili violenze in famiglia. La trama per Aurora si mostra, per fortuna, diversa.
“Stiamo lavorando per Aurora”
“Stiamo lavorando – dice la dottoressa Mantegna -. Se c’è un abbandono, come nel caso di cui stiamo parlando, si verifica perché generalmente le mamme sono persone fragili, che vivono in un contesto culturale e sociale degradato. Allora si affida il figlio a chi si pensa possa fare qualcosa per lui. L’hanno data all’ospedale, verosimilmente, perché stava male, perché aveva la febbre ed è una affermazione di impotenza: noi non sappiamo cosa fare”. La dottoressa Cinzia non può permettersi il lusso dell’inappellabilità nel valutare i comportamenti del prossimo e nemmeno vorrebbe. Intanto, alcuni pezzetti si vanno ricomponendo in un quadro: la piccola non è nata a Palermo, si stanno compiendo degli accertamenti per risalire alla famiglia d’origine.
“L’Ospedale dei Bambini ha un team bravissimo, anche nell’intercettare situazioni del genere – spiega la dottoressa Mantegna -. Il servizio sociale è molto efficiente e sono scattate le procedure per mettere in sicurezza la bambina. Quando sarà guarita, verrà affidata a una comunità che si prenderà cura di lei, in attesa degli esiti del procedimento del Tribunale dei minori”. Sono cose che funzionano, a Palermo. Il Tribunale dei minori, la rete dell’assistenza sono realtà in cui operano persone che uniscono alla competenza la sensibilità.
La casa di Maricò
“Bisogna valutare la profondità del disagio, volta per volta – dice la dottoressa Mantegna – e comprendere cosa sia meglio per la tutela dei bambini”. A Palermo le vicende difficili non mancano: “Gli abbandoni sono pochi, per fortuna, circa due all’anno. Ho seguito tanti bambini che sono stati adottati. Molti mi cercano, entrano in contatto con me e tutti vorrebbero sapere qualcosa dei loro genitori di origine. Il trauma è forte. Mi cercano e mi dicono: ce la sto mettendo tutta. E anche i genitori… Ricordo che incrociavo spesso un papà con i figli in affidamento e in adozione. Mi diceva: ‘Hanno una vita migliore di quella che avrei potuto offrire io’. Uno è diventato avvocato”. No, non è facile seguire il volo dei bimbi sperduti che qualcuno ha trovato e ha sostenuto, affinché non precipitassero.
“L’assessorato dà sul retro su quella che era la casa di Maricò. Quando mi affaccio penso a lei. Chissà dov’è adesso”. Dice proprio così, la donna che rammenda le anime strappate. Chissà dov’è. Come se ci fosse sempre un biglietto di ritorno sulla rotta del dolore.
(in copertina, foto simbolo d’archivio)