Con l’approvazione da parte del Consiglio dei ministri del disegno di leghe sull’autonomia differenziata il dibattito già acceso si prepara a riscaldarsi. Ma di cosa si tratta?
Cosa dice la Costituzione
L’articolo 116 della Costituzione italiana riconosce le autonomie speciali a Sicilia, Friuli Venezia Giulia, Sardegna, Trentino-Alto Adige/Südtirol e Valle d’Aosta. Poi il terzo comma dell’articolo prevede che “ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia” nelle materie a legislazione concorrente possono essere riconosciute alle Regioni a statuto ordinario con una legge approvata dalle Camere a maggioranza assoluta dei componenti, sulla base di intesa fra lo Stato e la Regione interessata. La norma riconosce anche la possibilità di acquisire competenze sull’organizzazione della giustizia di pace, sull’istruzione e sulla tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali. Al trasferimento delle competenze vengono ripartite anche ulteriori risorse per la loro gestione.
I progetti di autonomia differenziata devono partire dalle Regione e, come si ricorderà, le prime ad avviare questo percorso sono state, nel 2017, Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna.
Ieri il Consiglio dei ministri ha approvato la riforma Calderoli che provvede alla definizione dei “principi generali per l’attribuzione alle Regioni a statuto ordinario di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia” e delle “relative modalità procedurali di approvazione delle intese fra lo Stato e una Regione”.
Il procedimento di approvazione delle intese tra Stato e regioni e la loro durata
Stando a quanto riferisce Palazzo Chigi il testo si occupa anzitutto del procedimento di approvazione delle “intese”. Si stabilisce che la richiesta deve essere deliberata dalla regione interessata e trasmessa al Presidente del Consiglio dei ministri e al Ministro per gli affari regionali e le autonomie. Quest’ultimo, acquisita la valutazione dei Ministri competenti per materia e del Ministro dell’economia e delle finanze entro i successivi trenta giorni, avvia il negoziato con la Regione interessata.
Lo schema d’intesa preliminare tra Stato e regione, corredato di una relazione tecnica, sarà approvato dal Consiglio dei ministri e trasmesso alla Conferenza unificata per un parere da rendere entro trenta giorni. Trascorso questo termine viene comunque trasmesso alle Camere per l’esame da parte dei competenti organi parlamentari, che si esprimono con atti di indirizzo, secondo i rispettivi regolamenti, entro sessanta giorni.
Li schema torna poi a Palazzo Chigi dove sarà predisposto lo schema di intesa definitivo compiuto un eventuale ulteriore negoziato.
Lo schema definitivo dovrà essere trasmesso alla regione interessata per l’approvazione. Entro trenta giorni dalla comunicazione dell’approvazione da parte della Regione, lo schema d’intesa definitivo, corredato di una relazione tecnica, sarà deliberato dal Consiglio dei ministri insieme a un disegno di legge di approvazione da presentare alle Camere.
Nelle intese sarà specificata anche la durata delle stesse, che comunque non potrà superare i dieci anni. L’intesa può essere modificata su iniziativa dello Stato o della regione e può prevedere i casi e le modalità con cui lo Stato o la regione possono chiederne la cessazione, da deliberare con legge a maggioranza assoluta delle Camere. Alla scadenza del termine, l’intesa si intende rinnovata per un uguale periodo, salvo diversa volontà dello Stato o della regione, manifestata almeno un anno prima della scadenza.
I livelli essenziali delle prestazioni
Il provvedimento stabilisce che l’attribuzione di nuove funzioni relative ai “diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale” è consentita subordinatamente alla determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni (LEP) da parte della Cabina di regia istituita dalla legge di bilancio 2023. Il finanziamento dei LEP sulla base dei relativi costi e fabbisogni standard sarà attuato nel rispetto degli equilibri di bilancio e dell’articolo 17 della legge di contabilità e finanza pubblica (legge 31 dicembre 2009, n. 196). Qualora dalla determinazione dei LEP derivino nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, si potrà procedere al trasferimento delle funzioni solo successivamente ai provvedimenti legislativi di stanziamento delle risorse finanziarie coerenti con gli obiettivi programmati di finanza pubblica. Qualora, successivamente alla data di entrata in vigore della legge di approvazione dell’intesa, siano modificati i LEP con il relativo finanziamento o ne siano determinati ulteriori, la Regione interessata sarà tenuta alla loro osservanza, subordinatamente alla revisione delle relative risorse. Il Governo o la regione potranno, anche congiuntamente, disporre verifiche su specifici profili sul raggiungimento dei livelli essenziali delle prestazioni.
Il trasferimento delle funzioni non riferibili ai LEP, con le relative risorse umane, strumentali e finanziarie, potrà essere effettuato fin dalla data di entrata in vigore delle intese, nei limiti delle risorse previste a legislazione vigente.
Le risorse e le garanzie su coesione e perequazione tra le regioni
Il disegno di legge stabilisce che l’attribuzione delle risorse corrispondenti alle funzioni oggetto di conferimento sarà determinata da una Commissione paritetica Stato-regione, che procederà annualmente alla valutazione degli oneri finanziari derivanti per ogni regione dall’esercizio delle funzioni e dall’erogazione dei servizi connessi all’autonomia, in coerenza con gli obiettivi programmatici di finanza pubblica e, comunque, garantendo l’equilibrio di bilancio.
Il finanziamento delle funzioni attribuite avverrà attraverso compartecipazioni al gettito di uno o più tributi erariali a livello regionale, con modalità definite dall’intesa. Le funzioni trasferite alla regione potranno essere da questa attribuite a comuni, province e città metropolitane, insieme con le relative risorse umane, strumentali e finanziarie. Le intese, in ogni caso, non potranno pregiudicare l’entità delle risorse da destinare a ciascuna delle altre regioni.
Inoltre, sarà garantita l’invarianza finanziaria del fondo perequativo e delle altre iniziative previste dall’articolo 119 della Costituzione per promuovere lo sviluppo economico, la coesione e la solidarietà sociale, per rimuovere gli squilibri economici e sociali e per favorire l’effettivo esercizio dei diritti della persona. Allo scopo di rafforzare tali iniziative e di garantire un utilizzo più razionale, efficace ed efficiente delle risorse ad esse destinate, il disegno di legge prevede l’unificazione delle diverse fonti aggiuntive o straordinarie di finanziamento statale di conto capitale, la semplificazione e l’uniformazione delle procedure di accesso, di destinazione territoriale, di spesa e di rendicontazione. Saranno garantiti gli specifici vincoli di destinazione e la programmazione già in corso alla data di entrata in vigore delle nuove norme.