Autonomia differenziata, i dubbi di Occhiuto e la trappola per FdI - Live Sicilia

Autonomia differenziata, i dubbi di Occhiuto e la trappola per FdI

Le troppe incognite della riforma

PALERMO – “Andava maggiormente approfondita e la discussione doveva svolgersi in modo sereno. Temo che il centrodestra nazionale abbia commesso un errore, del quale presto se ne renderà conto”.

Il coraggio di Occhiuto

L’autore di questa affermazione, all’indomani dell’approvazione definitiva alla Camera della legge sull’Autonomia differenziata targata Lega, non è Giuseppe Conte del M5s e nemmeno Elly Schlein del Pd, non è neanche Angelo Bonelli o Nicola Fratoianni di Alleanza Verdi e Sinistra, tutti leader politici di minoranza contrari a una normativa decisamente spacca Italia, no, l’autore è Roberto Occhiuto presidente della Regione Calabria e, addirittura, vice segretario nazionale di Forza Italia.

Mi sarebbe piaciuto fosse stato Renato Schifani, ingenuo desiderio il mio, lui, manco a dirlo, è critico con il collega di partito e governatore calabrese e sponsorizza la crociata nordica degli eredi di Alberto da Giussano, il condottiero (mai esistito) raffigurato nelle spille e nei gadget dei leghisti. Da osservare in aggiunta, se non bastasse l’ammirevole posizione critica di Occhiuto, il voto contrario di deputati del Sud di Forza Italia.

Il fronte ostile all’autonomia differenziata

E se sono preoccupati costoro, consapevoli amici e compagni degli adoratori della sacra ampolla con dentro l’acqua del Po, non devo esserlo io comune cittadino siciliano? C’è da rimarcare che il fronte ostile è ampio e trasversale perché molti governatori meridionali, a prescindere dalle appartenenze, hanno perfettamente compreso le possibili tragiche conseguenze, iniziando dal declino del diritto alla salute uguale per tutti, se non si corre velocemente ai ripari.

Ostile, meglio, allarmata e perplessa si è rivelata pure la Chiesa italiana attraverso la voce autorevole del cardinale Matteo Zuppi, presidente della Conferenza episcopale italiana. In Europa gli interlocutori preferiti di Giorgia Meloni sono rimasti silenziosi mentre la Commissione europea si è espressa assai negativamente.

Intanto, è già stata annunciata dalle forze d’opposizione la raccolta delle firme necessarie per la celebrazione di un referendum abrogativo. Comunque, non è una novità nemmeno l’ostilità del partito berlusconiano verso una riforma (non costituzionale ma varata con legge ordinaria rinforzata) scritta dal leghista Roberto Calderoli.

Riforma con troppe incognite

Una riforma che nasconde troppe incognite e ambiguità in linea con la secolare distanza tra regioni settentrionali, avanzate, e regioni meridionali, sottosviluppate. Parliamo di una secessione di fatto, sogno della Lega, che non è stata scatenata sui campi della Padania ma nelle aule parlamentari ormai ridotte a semplici stampelle del governo Meloni con i suoi numerosi decreti legge da convertire.

Una trappola per FdI

Che si sia trattato di uno scambio tra il Carroccio e FdI – io ti do il Premierato tu mi dai l’Autonomia differenziata – non è un mistero e nemmeno possiamo definirlo uno scambio scellerato, al contrario, in sé è assolutamente legittimo, la politica tali accordi li contempla. Il punto vero, incomprensibile, è costituito dalla circostanza che FdI non si stia rendendo conto della trappola nella quale è caduta.

A che serve stravolgere il delicato equilibrio dei poteri contenuto nella Costituzione a favore dell’Esecutivo con un premier forte eletto direttamente dal popolo se poi con l’Autonomia differenziata le regioni saranno  sostanzialmente degli autonomi piccoli Stati nello Stato con una infinità di competenze? Con un evidente sbilanciamento verso chi al Nord sta già decisamente bene, alla faccia dei cosiddetti livelli essenziali delle prestazioni (Lep) validi sull’intero territorio nazionale [art. 117 Cost. lett.m)] ancora da definire e, soprattutto, da finanziare.

E Forza Italia?

Essenziali, attenzione, vuol dire minimi. Insomma, la Lega ha messo sotto scacco FdI, partito di destra statalista, nazionalista e sovranista per antonomasia, una colossale contraddizione in termini che certamente costerà ai meloniani parecchi voti da Roma in giù. I malumori di Antonio Tajani e di FI? Non ci sono problemi, basterà confezionare un altro stravolgimento della Costituzione con la separazione delle carriere (da non demonizzare ma inutile perché non risolve i mali della Giustizia italiana) e siamo a posto. Loro sono a posto, gli italiani meno.


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