Ed eccoci qui a officiare il solito malinconico rito della dipartita sportiva di un allenatore del Palermo. Stavolta è toccata a Devis Mangia, originario di Cernusco sul Naviglio – terra di molti Scirea, uno celebre altri no – che starà soffrendo con la rabbia di un bambino derubato del suo giocattolo. Zamparini innalzò al rango di mister di serie A questa ottima prefazione di tecnico, brillante in primavera, ma tutto da costruire nell’inverno. Zamparini profuse il suo sentiero di lodi (minuscolo) e incensi. Zamparini ha deciso che Devis Mangia non va più bene.
Onestamente, stavolta la scelta presidenziale si basa su due presupposti indiscutibili: una prestazione in quel di Catania che più scellerata non si può, una mancata consapevolezza del problema che, nelle dichiarazioni post-partita, ha assunto quasi i toni goliardici di uno sfottò. La squadra aveva controllato bene la gara, secondo il suo condottiero. Affermazione sinistra e temeraria. Come dire: l’operazione è riuscita, purtroppo il paziente è morto.
Ma il derby rappresenta il culmine di un tonfo che arriva da lontano. Lo scrivemmo a inizio campionato e a bocce ferme. Il Palermo dell’anno di grazia in corso è buono per una salvezza tranquilla. Indicare altre mete significa mentire. I pezzi pregiati garriscono sui pennoni altrui. Comprensibile in certe storie (Pastore), meno in altre (Sirigu, Nocerino). Il tarlo è altrove. Al posto di Sirigu è piombato qui un simpatico saltimbanco greco, talché è stato necessario recuperare Benussi e ripulirlo dalla naftalina, per mandarlo in campo velocemente. Poi, Zahavi, Della Rocca, Barreto. Valenti galantuomini dell’impegno, giocatori normali, mai prodigi. Se Zampa vuole evitare la sindrome Samp, si accomodi all’ingresso del mercato di riparazione e provveda. Intanto arriva Lino Mutti, un gentiluomo. Uno che almeno conosce il freddo dell’inverno.
