Un pizzino di Provenzano indirizzato a Vito Ciancimino, consegnato ai magistrati dal figlio Massimo, avrebbe dato l’impulso alla procura per riaprire il fascicolo per concorso esterno in associazione mafiosa contro l’avvocato Nino Mormino, già difensore di Marcello Dell’Utri e di Totò Cuffaro. Ma la Camera penale non ci sta e “reagirà con veemenza, anche con l’astensione, a ogni tentativo di condizionare l’attività professionale che non distingua il ruolo del difensore da quello degli assistiti”.
Proprio nel processo per concorso esterno contro l’ex governatore siciliano – che si svolge in abbreviato di fronte al gup Vittorio Anania – il documento è stato depositato. Nella scorsa udienza Mormino ha cercato di mettere in dubbio la provenienza del bigliettino, sulla base di una consulenza della Scientifica che dice che non fu scritto da una delle 7 macchine da scrivere abitualmente usate da Provenzano. Dato che, secondo il legale, screditerebbe anche l’attendibilità di Massimo Ciancimino, non sarebbe casuale che, proprio dopo le sue considerazioni in aula sul pizzino, sia uscita la notizia della riapertura dell’inchiesta.
Nel biglietto, che è del 2001, si fa cenno a un provvedimento di condono che avrebbe potuto avvantaggiare Vito Ciancimino. La legge sarebbe stata sostenuta, secondo il capomafia, oltre che dal “presidente e dal sen (il riferimento sarebbe a Cuffaro e Dell’Utri, ndr), anche dall’avv”. E “l’avv.” secondo i pm sarebbe proprio il legale Mormino che ha ricoperto l’incarico di presidente della commissione giustizia al Senato. Per i pm – per quanto ha ricostuito Mormino – il pizzino avrebbe comportato, come atto dovuto, la nuova indagine. Il legale però si è difeso sostenendo che l’unico provvedimento legislativo che prevedesse un indulto portava la firma dell’ex parlamentare di Rifondazione Giuliano Pisapia e che mai, durante la sua attività parlamentare, ha “sponsorizzato” misure di favore alla mafia.
I penalisti, comunque, mantengono lo stato di agitazione indetto nei giorni scorsi, ma subordinano l’adozione di specifiche iniziative, all’esito del procedimento disciplinare aperto dal consiglio dell’ordine per “non sovrapporre azioni che potenzialmente potrebbero indebolire la categoria”.