Basile si difende: |"La donna mente" - Live Sicilia

Basile si difende: |”La donna mente”

Il Palazzo di giustizia di Palermo

Anche il dirigente Francesco Paolo Di Paola ha risposto alle domande del giudice.

GLI INTERROGATORI
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PALERMO – Rosario Basile risponde al giudice e attacca la credibilità della donna che lo accusa.

Innanzitutto il patron di Ksm spiega al giudice per le indagini preliminari Filippo Serio che sul riconoscimento del figlio “accetterò la decisione del Tribunale civile”. Basile nega di avere costruito un dossier falso contro la donna per farla incriminare per estorsione. Sarebbe stato folle presentarsi dai pm con una denunciata basata su prove fasulle.

Secondo l’accusa, infatti, per potere arrivare al licenziamento della donna sarebbe stato simulata anche l’esistenza di una relazione con un collega. E per rendere credibile il tutto spuntarono dei messaggi. I due dipendenti, che il posto lo hanno perso davvero, hanno detto di conoscersi soltanto per ragioni di lavoro. Ed invece i legali di Basile, gli avvocati Nino Caleca, Francesca Russo (per conto anche del collega Antonio Ingroia) e Roberto Mangano, si sono presentati con dei tabulati che contengono decine e decine di sms dal contenuto molto confidenziale che i due si sarebbero scambiati nel tempo. La donna, dunque, secondo la difesa, avrebbe mentito.

Ha respinto accuse anche Francesco Paolo Di Paola, difeso dall’avvocato Mauro Torti. Secondo l’accusa, il dirigente di Ksm, su mandato di Basile, avrebbe minacciato la donna. Nessuna minaccia, replica l’indagato, che per evitare scenate in ufficio si sarebbe limitato a dirle di rivolgersi a un legale per fare valere le proprie ragioni. Glielo avrebbe detto in modo energico, ma senza sconfinare nelle minacce. Non voleva che un fatto privato, intaccasse l’immagine dell’azienda. A Di Paola viene anche contestata la frode processuale. Nella denuncia presentata ai magistrati per la presunta tentata estorsione subita, Basile aveva detto di avere ricevuto dei messaggi dalla donna. Voleva soldi, altrimenti avrebbe fatto scoppiare uno scandalo per il figlio nato in clandestinità e del quale Basile disconosceva la paternità. Basile aveva allegato alla denuncia i messaggi ricevuti sul telefonino. Si scoprì che gli sms minacciosi non erano partiti dal telefono della donna, ma attraverso un server on line dove ci si può registrare mantenendo l’anonimato. Una traccia, però, resta indelebile ed è la “postazione statica” da cui viene effettuato il collegamento al server. Si trattava di un computer delle rete utilizzata all’interno di Ksm. Particolare che fece venire meno la credibilità di Basile.

La lista ritenuta “falsa” dei messaggi è stata consegnata da Basile e Di Paola al Tribunale del lavoro a cui la donna si è rivolta dopo il licenziamento. Di Paola ha spiegato che si tratta di una perizia giurata, chiesta a un professionista, che lui si sarebbe limitato a consegnare.


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