CATANIA – Sindaco e presidente del Consiglio comunale. Il Partito democratico etneo fa incette di cariche in quel che fu, fino al nove e dieci di giugno, una delle roccaforti del centrodestra nazionale. Una luna di miele, quella del Pd con le istituzioni cittadine, che mette a tacere -almeno fino al congresso- le polemiche pre elettorali tra Giuseppe Berretta ed Enzo Bianco. Una disputa che ha visto il secondo vincere nettamente sul sottosegretario alla Giustizia: “Il centrosinistra – dichiara Berretta a LiveSicilia- ha ritenuto più utile candidare Bianco, mentre gli elettori hanno decretato una vittoria indiscutibile. Ma -sottolinea- non si può collegare il partito ad una personalità”. Una centralità, quella del sindaco, che, dopo l’elezione di Francesca Raciti alla presidenza dell’aula di Palazzo degli Elefanti, vale anche su tutta la vita amministrativa del Comune: “Mi auguro – ammonisce Berretta- che nello svolgimento delle sue funzioni, la Raciti si faccia garante di un ruolo importante che il Consiglio deve riuscire ad esprimere in piena autonomia “.
Sottosegretario, come legge l’elezione a presidente del Consiglio comunale di Francesca Raciti?
“Io credo che sia una buona notizia. È stata una scelta largamente condivisa. Una persona sicuramente giovane, con una buona esperienza politica alle spalle e peraltro donna. Insomma, racchiude in se una serie di qualità che non possono non essere apprezzate”.
Come vede, invece, la squadra di Enzo Bianco?
“C’è una presenza predominante del sindaco ed è normale che sia così. Nel complesso mi sembra una squadra che lavori d’intesa assoluta con Bianco e questo rende l’amministrazione più forte. Mi sembra che ci sia un forte grado di unità e compattezza. Questa è una premessa necessaria affinché si faccia bene”.
Con l’elezione della Raciti non rischia di apparire predominante la presenza di Bianco anche all’interno di Palazzo degli Elefanti?
“Mi auguro che Francesca Raciti, nello svolgimento delle sue funzioni, si faccia garante di un ruolo importante che il Consiglio deve riuscire ad esprimere in autonomia dall’Amministrazione e in un rapporto di collaborazione nell’interesse della città. In questo senso, credo che una scelta così larga nei numeri, dovrebbe ulteriormente responsabilizzarla”.
Il Pd oggi a Catania torna ad avere dei ruoli chiave, in particolar modo sembra che l’area bianchista sia meglio rappresentata sulle altre. Come giudica questo dato?
“Mi sembra inevitabile che il sindaco della città capoluogo abbia un ruolo centrale nella vita cittadina, e un ruolo importante nel Pd. Credo che nel Pd ci siano ruoli e funzioni e anche personalità affinché rimanga un partito plurale, dove ci sia una dialettica interna anche abbastanza vivace”.
La sua corrente, quella della sinistra Pd, sembra poco rappresentata nelle istituzioni cittadine. Non trova?
“Nella giunta, in realtà, rintraccio diversi esponenti che per il loro vissuto, penso a Saro D’Agata e Fiorentino Troiano, rappresentano il Pd. Di sinistra e destra del partito non parlerei. Sicuramente c’è stata in questi anni una divisione tra Bianco e altri esponenti a livello catanese. Questo è un percorso che vedremo, all’interno del congresso, come si svolgerà ulteriormente. Non rimarrei di certo ancorato a certe distinzioni”.
E su quali?
“Io mi sono sempre posto un tema assai diverso, che era quello di tentare di fare del Pd sempre più un partito e meno un aggregato di notabili. Ora, puntoa lavorare su di un ricambio generazionale. In questo senso, anche al consiglio comunale, come gruppo abbiamo sostenuto fortemente la candidatura di Nicolò Notrbartolo. Proseguiremo su questo percorso di rinnovamento”.
Pace fatta dunque tra lei e Bianco?
“Io sono stato sempre leale. Ritenevo che fosse più utile fare certe scelte, l’ho detto in maniera esplicita e diretta. Il partito e il centrsinistra ha ritenuto più utile, invece, di tornare a candidare Bianco. Gli elettori hanno decretato da parte loro una vittoria indiscutibile. Io al momento punterò al mio ruolo di governo e di parlamentare. E chiaro, però, che il tema politico rimane tutto lì. Non si può collegare il partito ad una personalità. Bisogna fare uno sforzo di caratterizzarsi in chiave politica. A maggior ragione oggi”.
Dal dato nazionale a quello catanese, il meccanismo delle primarie sembra messo in crisi. È uno strumento di selezione ancora utile?
“Per eleggere cariche monocratiche, non solo le primarie restano valide, ma andrebbero rafforzate. A livello nazionale questo dibattito non esiste. Il dibattito è semmai come scegliere il segretario del partito. Io sono dell’idea che su questo la partecipazione debba essere quanto più larga possibile”.
In questa giunta la presenza del Megafono è, in un certo qual modo, di peso. I rapporti tra il Pd e il movimento di Crocetta andranno verso una cucitura o uno strappo definitivo?
“Questo dipende dal Megafono. Se vuole essere una forza autonoma dal Pd o se vuole agire al suo interno. Io auspico che si sia una condivisione piena, da parte del presidente Crocetta, della vita del partito. E che questa fase di circolazione extracorporea venga interrotta”.
Quindi lei non crede nei partiti federati?
“Mi interessa più la sostanza che le formule. Se gli aderenti al Megafono sposassero pure il Pd, sarebbe una dimensione sicuramente diversa da quella attuale”.