“Biagio Conte non sta soffrendo. Questo posso assicurarlo. E’ assistito dai nostri medici, da Francesco Russo, medico della Missione. Non ha dolore, non ha angoscia, è un uomo sereno”. Il dottore Roberto Garofalo, dirigente medico dell’Asp di Palermo, sta coordinando l’assistenza al missionario, nei giorni dell’epilogo della sua malattia. I lettori di LiveSicilia.it lo conoscono anche come scrittore sensibile che, in più di una occasione, ha regalato al nostro giornale emozioni e storie importanti. Roberto è un amico dei sofferenti. Si occupa di cure palliative, un settore a cui ha consacrato la sua vita professionale e il suo percorso umano. Qui racconta quello che accade.
“Abbiamo messo in funzione l’integrazione tra ospedale e territorio che, con l’Oncologia del ‘Buccheri La Ferla’ e il primario Nicolò Borsellino ha sempre funzionato benissimo – dice il dottore Garofalo -, attivando la cosiddetta Adi: l’Assistenza domiciliare integrata. Eravamo in estate. Verso fine novembre ci siamo mossi per le cure palliative domiciliari, perché si è verificato un peggioramento. Fratel Biagio si era affezionato al personale già presente, per cui abbiamo ritenuto opportuno semplicemente integrarlo con un medico palliativista, il dottore Marco Ciofalo della Samo”.
Roberto Garofalo non ha dimenticato l’incontro, da camice bianco a paziente, con il fondatore della Missione: “Biagio ci ha accolto con un sorriso, era già molto provato. Ci ha quasi gridato: ricordatevi che pure la vostra è una missione… Poi ha stretto le mani a ognuno di noi, ha voluto salutarci e abbiamo pregato insieme. In questi giorni, quando sono andato a visitarlo, non ha mai ripreso conoscenza (nella foto, l’ultima partecipazione alla Messa). So che, invece, in altre occasioni, ha aperto gli occhi e ha parlato. Fratel Biagio non soffre ed è sereno, questa è la cosa più importante. Attualmente viene idratato”.
Roberto è un medico e dunque è normale che i medici, in occasioni del genere, si sentano rivolgere una domanda proprio sull’epilogo, da parte di chi ha sotto gli occhi un malato grave. Un punto interrogativo in cui ansia e speranza si intrecciano. “Noi palliativisti – dice – sappiamo che, per quanto comprensibile, quella domanda non può avere risposta. Non conta il tempo, è essenziale che ogni giorno sia il meno doloroso possibile”. (Roberto Puglisi)