PALERMO– Mentre Papa Francesco arrivava, un ragazzo si è messo a piangere. Dicono che sia un naufrago della vita con tanti problemi nel cuore e sulle spalle, con una storia, forse, di carcere nel suo passato. Ha mormorato qualcosa sulla nipotina che non vedeva da tanto ed è scoppiato in lacrime alla vista del pontefice. Non da solo, probabilmente. Sono gli effetti collaterali della speranza, quando è troppo forte, specialmente dopo anni di rassegnazione. Sono le sue carezze, che somigliano, talvolta, a percosse, perché non ti lasciano mai nel posto in cui eri.
Papa Francesco ha pranzato alla Cittadella del povero, una delle opere edificate da Biagio Conte, in via Decollati, in prossimità dell’Oreto, in occasione del suo viaggio. Ed è un accostamento simbolico, involontario, ma azzeccato. Il fiume, un tempo possente, disseccato, intorno al corpo putrefatto di Palermo e l’acqua di un pensiero buono che scende, quaggiù, dove i poveri sono più malandati che altrove.
Sono giunti in tanti all’appuntamento con Sua Santità, circa centosessanta i commensali nel refettorio della Missione dove da giorni si lavorava per l’appuntamento tanto atteso. I bambini e le suore l’hanno accolto con i versi della canzone ‘Mare, mare, mare’, il cui testo è stato scritto da una volontaria.
Nella sala mensa è stata assemblata, con materiale riciclato, una piccola barca. L’autore è un falegname tunisino sordomuto. La comunità femminile della Missione ha realizzato alcune statuine che raffigurano viaggiatori di tutti i paesi. Papa Francesco ha preso in braccio una bimba, a tavola con papà e mamma. Molte le chiacchiere e gli abbracci con i poveri, con le persone diversamente abili, con Biagio Conte e con gli altri volontari della Missione. Il momento si è concluso col raccoglimento in preghiera nella cappella contigua, prima del congedo.
Un sussurro, una carezza, ecco la cifra di questa visita papale, in una città che ha bisogno di dolcezza, senza rinunciare, dietro il garbo dei modi, a parole umili, dense, profetiche.
Parco il menu del pontefice (nella foto uno dei piatti distribuiti a tavola): insalata di riso, tabulè, pane e olio, pasticcini, il frutto dell’impegno di tante persone accoglienti e generose. Sicché, qualche buontempone social non ha resistito alla tentazione del commento salace: ‘Ma al passaggio un calzone fritto non se lo poteva mangiare?’. Un sorriso ha già perdonato l’allegra impertinenza.