blitz Crypto, arresti a Catania: "Patto tra 'ndrine e clan Cappello

Blitz Crypto, arresti a Catania: “Patto tra ‘ndrine e clan Cappello”

L'accordo sarebbe servito a piazzare la cocaina all'isola di Malta. TUTTI I NOMI
L'INCHIESTA DI REGGIO CALABRIA
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REGGIO CALABRIA – Un patto tra il clan Cappello e le ‘ndrine per portare la cocaina fino a Malta. È questo quello che emerge nell’inchiesta Crypto della Dda di Reggio Calabria scattata questa mattina. Sono 57 le ordinanze di custodia cautelare (43 in carcere e 14 ai domiciliari) eseguiti dalla Guardia di finanza che ha stroncato un traffico internazionale di droga, che va dal Sud America all’Europa del nord. Il blitz di oggi è una sorta di proseguimento dell’operazione Gerry che nel 2017 permise di colpire un cartello mafioso composto dalle cosche Mole’-Piromalli di Gioia Tauro e Pesce-Bellocco di Rosarno. Gioia Tauro, non dimentichiamolo, è il porto d’Europa della cocaina provenienti dai cartelli dei narcotrafficanti. La ‘banda’ criminale avrebbe avuto auto con doppio fondo per trasportare la cocaina e inoltre utilizzavano schede telefoniche tedesche che gli permettevano di comunicare. Ma la Guardia di Finanza è riuscita a decriptare un’enorme mola di sms e così incastrare gli indagati. Che in totale sono 93. 

Una delle figure chiave dell’organizzazione criminale è il dominicano, Humberto Alexander Alcantara che avrebbe garantito ai calabresi i contatti con i narcos sudamericani. Marco Paladino, legato alla cosca Gallace di Guardavalle e residente in Germania, avrebbe avuto invece sia la funzione di corriere che di procurare partite di droga dal nord Europa. Nella rete di contatti anche alcuni personaggi ritenuti dalla magistratura calabrese “esponenti della cosca Cappello di Catania”. In particolare è Francesco Cambria (figlio del più noto Andrea che ha collegamenti diretti con i boss della famiglia Cappello Bonaccorsi) il perno che ha collegato i rosarnesi ai catanesi.  

In carcere sono finiti i catanesi Giuseppe Battaglia, Francesco Cambria, Orazio Coco, Santa Pitarà, Fabio Vitale, Franco Vitale, Giuseppe Vitale e Rosario Zagame. Dietro le sbarre anche i siracusani Carmelo Liistro, Giulio Pizzo, Maurizio Pizzo. Infine ai domiciliari il catanese Ivan Meo. 

Quest’ultimo nel 2018 è stato pizzicato insieme ad altre due persone (non identificate in quanto utilizzavano i documenti di altri due indagati) mentre rientrava al porto i  Pozzallo da un viaggio da Catania all’Isola di Malta, “dove” hanno consegnato – scrive il gip di Reggio Calabria Antonino Foti “un imprecisato quantitativo di sostanza stupefacente e come provento della cessione” Meo ha portato in Italia 50.850 euro. Che sono stati trovati e sequestrati dalla Finanza durante una perquisizione. 

Come sono arrivati a Catania i finanzieri? Attraverso l’analisi delle celle d’aggancio delle sim tedesche. Una delle schede comunicava attraverso sms con una cellulare che agganciava una cella nel centro abitato di Catania. “Le due utenze comunicavano tramite sms e lo facevano utilizzando una sorta di codice numerico predefinito. Ad ogni lettera dell’alfabeto corrispondeva un numero, assegnato a caso, senza nessuna logica”, scrive il gip. La Finanza è riuscito a decriptarlo. 

Inoltre gli investigatori calabresi hanno ricostruito l’organigramma dei catanesi, legati al clan Cappello. Il punto di riferimento sarebbe stato Francesco Cambria, il quale avrebbe avuto la collaborazione di Rosario Zagame (uomo di fiducia di Cambria), Giuseppe Battaglia (cognato di Zagame e corriere), Orazio Coco, Santa  Pitarà e Ivan Meo.  

I finanzieri sono riusciti nel corso delle indagini a bloccare diverse spedizioni di cocaina. Uno dei blitz è stato a Messina il 20 settembre 2018 durante gli sbarchi dei traghetti dello stretto. Precisamente è stata bloccata una staffetta con un carico di 11 chili di cocaina. 


Nello stesso periodo, la polizia di Catania, ha fatto una perquisizione a casa di Zagame. In “un’intercapedine” dietro al frigo gli agenti della narcotici hanno trovato  “1,6 chilogrammi di cocaina, 1,6 chilogrammi di marijuana, 57 chilogrammi di hashish, un revolver calibro 38 special, un fucile a canne mozze con matricola abrasa, una mitraglietta silenziata con matricola abrasa e svariato munizionamento”. Per gli investigatori calabresi è un riscontro di quanto stava emergendo dalle loro indagini. 


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