Parte la contraerei al blocca-nomine. Non è servito, infatti, quello che l’opposizione ha definito un “blitz” in prima commissione. Adesso, la manovra di ostacolo dei lombardiani alla legge che dovrebbe stoppare gli incarichi del governo, si concretizzerà in una “guerra degli emendamenti”.
Ce ne sono già 101 depositati a corredo del ddl composto da un solo articolo. Un record capace di impensierire (fatta la media con la “corposità” del testo) la valanga di emendamenti presentati alla Finanziaria di due anni fa da Cateno De Luca. E alcuni di questi saranno anche “provocatori”, come ha annunciato il capogruppo dell’Mpa all’Ars Nicola D’Agostino: “In alcuni casi, – dice – abbiamo proposto che il limite di 180 giorni dalla fine della legislatura indicato dalla norma, venga esteso anche a Comuni e province. Perché solo alla Regione deve valere questo principio?”.
Una provocazione, appunto, buona per far emergere quelli che sono, secondo D’Agostino, le debolezze di una norma: “Che è solo una norma anti-Lombardo. Quello che mi chiedo è se, una volta uscito di scena il Presidente, l’Ars non chiederà addirittura di abolirla questa legge”.
Insomma, sul blocca-nomine, è guerra. E domani in Aula il rischio è appunto che la discussione si impantani sulle decine di correzioni chieste da Mpa e Mps. Solo questi due partiti, infatti, di emendamenti ne hanno presentati ben 99. Unico modo, in effetti, per rallentare il più possibile una legge “quasi” affossata in Commissione affari istituzionali, ma che potrebbe (anzi, dovrebbe) risorgere in Aula, dove può contare, pare, su una maggioranza schiacciante.
“Faremo ostruzionismo – ribadisce D’Agostino – visto che quello che arriverà in Aula sarà anche un testo con evidenti profili di incostituzionalità. Un testo che, se venisse approvato dall’Ars sarebbe certamente bocciato dal Commissario dello Stato”.
Per il lombardiani, infatti, domani sarà davvero una trincea. A confermare il gradimento “trasversale” per il blocca-nomine, infatti, è un emendamento sottoscritto da deputati di tutti gli altri schieramenti politici (Santi Formica e Innocenzo Leontini del Pdl, Rudy Maira del Pid, Giovanni Ardizzone dell’Udc, Antonello Cracolici del Pd e Giovanbattista Bufardeci di Grande Sud). Questo emendamento porterebbe a una riscrittura, e consentirebbe, oltre al ‘blocco delle nomine’, anche la possibilità di modificare o revocare le nomine effettuate in regime di “spoil system”. Un emendamento presentato dal deputato del Pd Giovanni Panepinto prevede invece il blocco delle nomine “interne” negli uffici regionali.
“Quello che non vi vuole dire – prosegue D’Agostino – è che la legge impone, nei casi in cui un ente o un organismo fosse acefalo, il termine di 45 giorni per rinnovare il vertice. Non è solo un diritto del governo, ma è anche un dovere, un obbligo”.
In realtà, però, è freschissima l’ultima infornata, con la quale il presidente ha piazzato fedelissimi ovunque, dalle Asp al Cga. “Ma questo fa parte dei diritti, appunto, di un presidente nel pieno dei suoi poteri. Avrei compreso – spiega D’Agostino – se qualcuno avesse sollevato delle questioni di ‘opportunità’. Ma la norma è veramente incomprensibile, assurda”.
Una norma affossata, qualche giorno fa, in una seduta della prima commissione convocata dal presidente Riccardo Minardo nonostante l’assenza dei deputati del Partito democratico. In quel caso, furono vibranti le proteste del capogruppo Cracolici che aveva minacciato anche di occupare proprio la commissione Affari istituzionali. Alla fine, il presidente Francesco Cascio ha deciso comunque di fissare la discussione della norma per la seduta di domani, visto che in Commissione non era arrivato il voto finale, e visto anche l’accordo di giorni prima in Conferenza dei capigruppo, che aveva indicato come “prioritaria” la blocca-nomine. Il ddl che l’Mpa vuole bloccare con un muro di emendamenti.