Bolzoni: "Occhio alla droga" - Live Sicilia

Bolzoni: “Occhio alla droga”

A che punto è la mafia? Il giornalista
di
3 min di lettura

Attilio Bolzoni è giornalista e inviato di “Repubblica“,  esperto del fenomeno mafioso. Ha scritto, tra gli altri, il libro “Il capo dei capi” insieme a Giuseppe D’Avanzo, dal quale è stata tratta la famosa fiction. Live Sicilia ospita il suo punto di vista sugli omicidi Romano – De Simone.

Quasi tutta la stampa italiana grida alla guerra di mafia. Anche lei si allinea a questa chiave di lettura?
“Assolutamente no. Innanzitutto è troppo presto con soli due morti, e poi Cosa nostra sostanzialmente ha altro a cui pensare in questo momento. Entrando nel particolare, sono due omicidi che mi sembrano più legati ad affari di droga, anche stando a quello che riferiscono gli investigatori, mentre Carlo De Simone aveva precedenti specifici per piccoli questioni legate alla droga, l’altro pur appartenendo ad una famiglia mafiosa sembra coinvolto più che altro in un regolamento di conti interno a delle attività criminali. Mi hanno sorpreso in verità questi titoli dei giornali. Quali elementi ci sono per ipotizzare una cosa del genere? Ricordo che un paio di anni fa da un’indagine con le microspie emersero degli incontri tra quattro o cinque mafiosi che intendevano rifondare la cupola ma polemizzavano fra di loro per il fatto di non averne l’autorizzazione. Questi sono alla frutta, anzi, al dolce”.

Però il procuratore aggiunto De Francisci e il sostituto procuratore della direzione nazionale antimafia De Lucia, parlano di guerra tra clan e di una possibile nuova stagione di sangue.
“Ci sono stati due morti, e ripeto due morti. Io credo che si tratti di scontri molto particolari e speciali, in un contesto ben definito che probabilmente gli inquirenti scopriranno presto. E poi perché colpire Davide Romano quando il fratello era uscito dal carcere 4 anni prima? Parlare già di guerra di mafia mi sembra prematuro e avventuristico, significherebbe due eserciti contrapposti, uno schieramento di famiglie contro un altro schieramento di famiglie. A Palermo mica ce ne sono state tante in fondo: una è quella del ’63 tra i La Barbera e i Greco di Ciaculli e poi quella iniziata nella primavera del 1981 e finita nell’ottobre del 1983, che però ha visto da una parte più di 1.600 morti nelle quattro province della Sicilia occidentale e dall’altra caduti e feriti zero. Quella è stata uno sterminio non una guerra di mafia”.

Lei ha vissuto tanti anni a Palermo e sa quanto contino i simboli in questa città. Il ritrovamento del cadavere di Davide Romano tra due importanti mandamenti e l’appartenenza alle famiglie mafiose di Borgo Vecchio è solo casuale?
“È possibile l’ipotesi di una lotta interna alle famiglie dello stesso quartiere. Se non sbaglio l’ultimo omicidio che possa essere definito di mafia fu quello di Nicola Ingarao, ma non è scoppiata una guerra per questo, era un ramo secco che hanno tolto di mezzo. Non escludo invece un problema di equilibri instabili dentro i mandamenti. Certo, la famiglia di Borgo Vecchio ne è coinvolta pienamente. Potrebbe essere un’ipotesi”.

Insomma la mafia in Sicilia non avrebbe attualmente i mezzi per portare avanti una strategia d’attacco.
“La sua struttura militare è stata completamente sgominata in questi anni. A parte l’arresto di Provenzano, ma soprattutto dopo l’operazione Gotha, Cosa nostra siciliana è rimasta disarticolata dopo le stragi. Ormai sia dal punto di vista militare che economico, conta quanto il due di briscola, era l’organizzazione militare più potente del mondo occidentale, col le stragi si è poi infilata in un vicolo cieco e non è più tornata come prima. Altro discorso è quello sulla borghesia mafiosa, c’è un intelligenza collettiva di Cosa nostra, ma non la trovi nelle borgate, la trovi nei centri di potere finanziario, ci sono ancora molti soldi che non sono stati ritrovati. I nomi di Riina, Brusca, Bagarella, Lo Piccolo, recano un marchio che peserà per i figli dei loro figli per almeno sette generazioni, non potranno più muoversi. Da questo punto di vista lo Stato ha vinto la sua battaglia, non è sufficiente ma quel tipo di mafia che controllava in maniera soffocante Palermo non c’è più”.


Partecipa al dibattito: commenta questo articolo

Segui LiveSicilia sui social


Ricevi le nostre ultime notizie da Google News: clicca su SEGUICI, poi nella nuova schermata clicca sul pulsante con la stella!
SEGUICI