Via D'Amelio e il falso pentito | Il Csm "indaga" sui magistrati - Live Sicilia

Via D’Amelio e il falso pentito | Il Csm “indaga” sui magistrati

La strage di via D'Amelio

Accolta la richiesta dei familiari di Paolo Borsellino. L'intervista della figlia Fiammetta.

PALERMO – Il grido di Fiammetta Borsellino è stato accolto. Il Consiglio superiore della magistratura ha aperto un fascicolo sul caso di Vincenzo Scarantino e riguarda i magistrati che gestirono la sua falsa collaborazione con la giustizia.

La notizia è emersa nel corso della trasmissione “La radio ne parla”, in onda su Rai Radio1. Per entrare nel merito delle valutazioni, però, al Csm attendono le motivazioni della sentenza dell’ultimo processo celebrato a Caltanissetta, il Borsellino quater, nel corso del quale sono state ripercorse tutte le anomalie delle indagini. Anni di inchieste e processi basati sulle bugie del picciotto della Guadagna.

Nel corso della trasmissione Fiammetta Borsellino ha raccontato di avere scritto, assieme al fratello Manfredi e alla sorella Lucia, una lettera al Csm, chiedendo al presidente della Repubblica se fossero state prese iniziative alla luce della richiesta del consigliere Aldo Morgigni: “Noi in quella lettera chiediamo, come dice lo stesso consigliere Morgigni, se nella condotta dei magistrati dei processi Borsellino I e II si siano verificate queste anomalie”.

È il cuore della questione da cui è partito l’intervento radiofonico della figlia del magistrato assassinato in via D’Amelio assieme agli agenti di scorta: “Mio padre ci ha insegnato che bisogna basarsi su prove e atti processuali. Denunciamo queste anomalie che hanno caratterizzato la condotta di poliziotti e magistrati che hanno coordinato le indagini e i processi del Borsellino I e II. La Procura era formata dal già defunto Tinebra, da Carmelo Petralia, dalla dottoressa Palma, e dal dottore Di Matteo che inizia il suo coinvolgimento nel novembre del 1994”.

Borsellino ha ricordato qualcuno mise in guardia i colleghi dalle bugie di Scarantino: “ I pm Ilda Boccassini e Roberto Sajeva, dopo avere partecipato alle prima indagini, andarono via insieme al collega nel 1984 sbattendo la porta con una lettera e prendendo le distanze dai colleghi. Boccassini capisce subito che Scarantino dice cose inverosimili, nonostante tutto i colleghi lo continuano e ritenere attendibile”. Le indagini, infatti, sono proseguite approdando in aula e portando alla condanna di innocenti.

Borsellino ha fatto anche anche una precisazione su Antonino Di Matteo, che proprio alla luce delle prime dichiarazioni della figlia del giudice, chiese un’audizione alla Commissione parlamentare antimafia, allontanando da sé il sospetto delle anomalie: “Molti hanno semplificato queste mie denunce riducendole a un mero alterco e dibattito tra me e Di Matteo, che ha svolto il dibattimento, un momento molto importante del processo, di formazione della prova e quindi non sganciato dalle indagini, un momento in cui quello che esce dalle indagini può anche essere ribaltato qualora le indagini non siano convincenti”.

“Questo ridurre tutto a una mera polemica è una semplificazione di una parte della stampa- ha aggiunto – che sta facendo molto comodo a chi, oltre a lui che era ovviamente uno degli attori, ha grossissime responsabilità e in questo momento sta ben nascosto nell’ombra”.

Le polemiche non piacciono a Fiammetta Borsellino: “Il nostro fine è più alto, più nobile, addivenire a una verità che non sia una verità qualsiasi, che purtroppo in questo caso è legata alla ragioni della disonestà di chi questa verità doveva trovarla. Vorrei fare una ceno ai poliziotti coordinati dal già defunto Arnaldo La Barbera, e ai funzionari del gruppo ‘Falcone e Borsellino’ quali Mario Bo, Vincenzo Ricciardi, il signor Guererra, il signor Guttadaro. È inutile dire che tutte queste persone che ho citato hanno fatto delle brillanti carriere.


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