'Buttafuori della mafia' a Palermo e provincia: sette condanne

‘Buttafuori della mafia’ a Palermo e provincia: sette condanne

Cosa ha deciso la seconda sezione della Corte di appello di Palermo

PALERMO – La sentenza, seppure con delle modifiche, ricalca il verdetto di primo grado. C’è una condanna in più.

Si chiude davanti alla seconda sezione della Corte di appello di Palermo, presieduta da Adriana Piras, il processo ai componenti di una presunta organizzazione criminale che avrebbe imposto con la violenza i buttafuori in importanti locali notturni di Palermo e provincia.

Il tutto con la regia di Cosa Nostra e in particolare del boss Massimo Mulè, già processato e condannato in abbreviato. Il cognato sarebbe stato imposto nel 2016 come addetto alla sicurezza nella discoteca Reloj.

‘Buttafuori della mafia’, le accuse

Gli imputati erano acusati a vario titolo di estorsione aggravata dal metodo mafioso.

“Scoppia la guerra mondiale, la terza guerra mondiale. Là sopra volano tutti dalle finestre. Capito?”, diceva Andrea Catalano, intercettato dai carabinieri riferendosi all’organizzazione del Capodanno del 2016 a Città del Mare, a Terrasini, dove avrebbero voluto occuparsi della sicurezza.

Le condanne

Queste le condanne: Andrea Catalano 8 anni e 4 mesi, Gaspare Ribaudo 7 anni e 3 mesi, Emanuele Cannata 7 anni e sei mesi, Francesco Fazio 8 mesi, Davide Ribaudo 1 anno, Giovanni Catalano 6 anni e 8 mesi (era stato assolto), Cosimo Calì 5 anni. In primo grado le richieste di condanna erano state molto più pesanti.

Confermate le assoluzioni di Ferdinando Davì (avvocato Gianluca Calafiore), Antonio Ribaudo (avvocati Riccardo Bellotta e Raffaele Bonsignore), Emanuele Rughoo Tejo, (avvocati Salvo e Gaetano Priola).

Rughoo è uno dei sopravvissuti alla strage di Altavilla Milicia. Nel 2018 un torrente esondò e travolse una villetta. I morti furono nove, tra cui la moglie e il figlio piccolo dell’imputato.

Gli imputati condannati dovranno risarcire le parti civili: Addiopizzo, Federazione antiracket, Sos Impresa, Confcommercio, Solidaria, Centro Studi Pio La Torre, Sicindustria, assistiti tra gli altri dagli avvocati Valerio D’Antoni, Ugo Forello, Fausto Amato, Ettore Barcelona, Francesco Cutraro, Salvatore Caradonna, Maria Luisa Martorana.

Interviene Addiopizzo

“Nel processo ci siamo costituiti parte civile assieme ai titolari del Caffè Verdone di Bagheria, che avevamo accompagnato a denunciare perché erano stati oggetto di soprusi, aggressioni, minacce ed estorsioni finalizzati a imporre la vigilanza privata presso il loro pub – spiegano dal comitato Addiopizzo, costituito con l’assistenza dell’avvocato Caradonna -. I giovani commercianti erano esausti per le risse scatenate dal nulla e per la preoccupazione di perdere clientela e vanificare i sacrifici fatti fino a quel momento”.

I ragazzi del Caffè Verdone sono stati tra i pochi che, pur rifuggendo da ribalte, oltre a denunciare, con il supporto di Addiopizzo, hanno pure confermato in aula quanto avevano subito“.

“Quello che appare chiaro anche da questa storia — e ci interessa ribadirlo — è che chi paga per paura riesce a trovare anche dopo tanto tempo una strada per dire basta e affrancarsi dai condizionamenti mafiosi”.


Partecipa al dibattito: commenta questo articolo

Segui LiveSicilia sui social


Ricevi le nostre ultime notizie da Google News: clicca su SEGUICI, poi nella nuova schermata clicca sul pulsante con la stella!
SEGUICI