La caccia al tesoro di Vito Ciancimino in Romania passa da una nuova sfilza di interrogatori. Gli ultimi due si sono svolti stamani al Palazzo di giustizia di Palermo.
In Procura si sono presentati il figlio di don Vito, Massimo, e il tributarista Gianni Lapis. Tutto nasce dalla decisione del giudice per le indagini preliminari Piergiorgio Morosini che lo scorso aprile ha respinto la richiesta di archiviazione e ordinato un supplemento di indagini. Secondo il Gip, ci sono troppi punti oscuri nella vicenda. A cominciare da una frase che collegherebbe la morte di Falcone e Borsellino agli affari rumeni dell’ex sindaco di Palermo. Alcuni mesi fa gli uomini della Dia di Palermo hanno perquisito l’ufficio milanese in cui lavora Santa Sidoti, moglie dell’imprenditore Romano Tronci e collaboratrice di Massimo Ciancimino. Tra i documenti contenuti nel pc in uso alla donna è stata trovata una lettera che la Sidoti indirizza al “dott.Ribolla” e al “Prof.ferro” e per conoscenza anche al tributarista Gianni Lapis. Nella missiva si parla degli interessi in Romania delle società Agenda 21, Sirco, Azalea ed Ecorec. Tutte operanti nel settore dei rifiuti. La Ecorec, in particolare, è proprietaria della più grande discarica d’Europa con sede a Bucarest. L’ipotesi è che Ciancimino e Lapis sarebbero rimasti i veri proprietari delle aziende estere solo formalmente partecipate da altri.
E’ possibile ipotizzare una grande operazione di riciclaggio? E’ questa la domanda a cui il le indagini devono dare una risposta. Nella lettera della Sidoti, probabilmente risalente al 2007, si legge, tra le altre cose: “… l’argomento è sempre la strage Falcone-Borsellino legata alla più grossa azienda ecologica in Romania”. Poi, si fa riferimento ad un campagna di stampa orchestrata contro Agenda 21. Da qui, secondo il giudice, la necessità di sentire una sfila di testimoni.
Oggi è toccato a Ciancimino jr e a Lapis. Il primo è stato sentito dagli agenti della Dia su delega dei pubblici ministeri Lia Sava e Dario Scaletta. Il figlio di don Vito, accompagnato dagli avvocati Francesca Russo e Roberto D’Agostino, ha raccontato di essersi limitato a mettere in contatto Lapis, che voleva fare degli investimenti in Romania, con Romano Tronci. Se gli affari fossero andati in porto gli sarebbe spettata una provvigione. Non se ne fece più nulla perché, nel frattempo, le società finirono sotto sequestro. A Lapis, assistito dall’avvocato Basilio Milio, i pm hanno, invece, chiesto se avesse fatto investimenti in Romania epoca successiva al sequestro. Circostanza smentita dal tributarista.
Nel corso dell’interrogatorio si è parlato anche dell’avvocato Gaetano Cappellano Seminara. Si tratta dell’amministratore giudiziario della Sirco e degli altri beni appartenuti a don Vito. Su di lui in passato Ciancimino non è stato tenero. Lo ha pure denunciato, insieme ad altri, in Romania. Lo ha accusato, infatti, di avere gestito il patrimonio della Sirco per assecondare interessi personali. Ipotesi tutte da verificare, su cui, però, il giudice Morosini ha chiesto nuovi accertamenti. Nei prossimi giorni Cappellano Seminara sarà convocato in Procura per essere interrogato dagli investigatori rumeni che hanno chiesto e ottenuto una rogatoria internazionale.