Calatabiano, i motivi dello scioglimento: “Diffuso senso di illegalità”

Scioglimento Calatabiano: “Intricata rete di relazioni”

Nomi che si ripetono, corsi e ricorsi storici che consegnano questo lembo di terra, al peggiore dell’immobilismo.
L'INCHIESTA
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CATANIA. “Una gestione “familistica” dell’ente”. Sono queste poche parole a riassumere, forse meglio di altre, le quattro pagine di decreto con cui, lo scorso 18 ottobre, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, su delibera del Consiglio dei Ministri, ha dato il via allo scioglimento per condizionamento mafioso del Comune di Calatabiano. E il pensiero, inevitabilmente, corre a due decenni fa quando, nel luglio del 2000, un simile provvedimento pose fine, ieri come oggi, al mandato del sindaco Giuseppe Intelisano. Nomi che si ripetono, corsi e ricorsi storici che consegnano questo lembo di terra, al confine tra le province di Catania e Messina, al peggiore dell’immobilismo. La relazione conclusiva stilata al termine dell’accesso ispettivo, disposto nel dicembre 2020, sulla scorta anche degli elementi emersi nel corso dell’inchiesta ‘Isola Bella’, condotta dalla Guardia di Finanza, non sembra lasciare dubbi. Sarebbero, infatti, “concreti, univoci e rilevanti gli elementi su collegamenti diretti e indiretti degli amministratori locali con la criminalità organizzata di tipo mafioso e su forme di condizionamento degli stessi”. 

Relazioni pericolose

“Intricata e fitta – si legge nella relazione – la rete di frequentazioni, cointeressenze e parentele, dirette o acquisite, tra diversi amministratori, in particolare il primo cittadino ed altri che ricoprono cariche di vertice nell’amministrazione locale e soggetti controindicati”. Tra i fattori sottolineati per evidenziare la vicinanza ad ambienti della criminalità locale la stretta parentela dell’attuale presidente del consiglio comunale “all’indiscusso capo storico della locale organizzazione criminale” e al “presidente del consiglio comunale in carica all’epoca del citato provvedimento di scioglimento del 2000. Il predetto risulta, peraltro, in recenti operazioni giudiziarie disposte nei confronti di soggetto indagato per il reato di cui all’art.416 bis c.p. L’attuale presidente del consiglio comunale è, poi, – si legge ancora nella relazione – coniuge del figlio di un noto pregiudicato, ucciso a Calatabiano durante una lunga e sanguinosa guerra di mafia”. 

Il settore dei rifiuti

È la gestione degli appalti pubblici a presentare le maggiori criticità, tra alterazioni dei procedimenti amministrativi e assenza di controlli, soprattutto quelli antimafia. “La mala gestio e il generale senso di illegalità – si legge nella relazione – appaiono elementi caratterizzanti la gestione del comune di Calatabiano”. Su tutti il servizio di raccolta dei rifiuti, settore tra i più esposti a infiltrazioni mafiose. Su questo, secondo quanto evidenziato dalla commissione prefettizia, avrebbe fatto leva il primo cittadino Intelisano contribuendo “a condizionare la campagna elettorale del 2017, favorendo la rielezione”. Lo avrebbe fatto affidando direttamente, e per ben 14 volte, il servizio alla ditta, poi risultata aggiudicataria del servizio, senza acquisire le necessarie certificazioni antimafia. Non solo. Dagli atti giudiziari sarebbe emerso come il primo cittadino abbia poi costantemente interloquito con alcuni dipendenti dell’impresa, legati alle locali consorterie criminali, su aspetti prettamente interni all’azienda, come stabilizzazioni, promozioni e perfino pagamenti degli stipendi, senza che il datore di lavoro obiettasse nulla. 

Gli appalti pubblici

E poi ancora affidamenti diretti e procedure di somma urgenza avrebbero caratterizzato il settore degli appalti pubblici. Lavori affidati, secondo quanto emerso dall’attività, sempre alle solite ditte amiche, in quello che viene definito ‘un regime di oligopolio’. Affidamenti suddivisi ad arte sotto la soglia dei 40mila euro per aggirare gli obblighi previsti dalle vigenti norme e poter affidare i lavori direttamente a quelle imprese. In un caso sarebbero addirittura stati conferiti due incarichi, a distanza di nove giorni, alla stessa impresa, senza compiere alcuna verifica dei lavori già svolti. Dalle indagini della finanza sarebbero emersi, inoltre, diversi incontri “tra il primo cittadino ed uno dei titolari delle menzionate ditte affidatarie riconducibile al locale contesto criminale, alcuni dei quali avvenuti con la presenza di un locale pregiudicato”. Ma non finisce qui. Sarebbe emersa, si legge ancora nella relazione, “una commistione di interessi politico affaristici tra il primo cittadino, esponenti del clan mafioso locale ed un imprenditore – in passato eletto consigliere comunale, anch’egli facente parte dell’amministrazione sciolta nel 2000 per condizionamenti di tipo mafioso e riconducibile, come emerso nell’ambito di operazioni giudiziarie alla predetta consorteria – dei quali il sindaco si è avvalso per avere sostegno elettorale, assicurando in cambio affidamenti diretti di commesse pubbliche o stabilità e vantaggi lavorativi a soggetti controindicati, assunti da ditte o società operanti per il comune di Calatabiano, in ciò facilitato da un debolissimo apparato amministrativo, carente delle figure apicali degli uffici comunali spesso sostituito da personale scelto con incarichi a carattere temporaneo o a scavalco con altri enti”. A destare non poco scalpore, in ultimo, la decisione con cui negli scorsi mesi l’amministrazione comunale di Calatabiano, già sotto i riflettori per l’accesso ispettivo, ha affidato per tre mesi l’incarico di istruttore tecnico dell’ente, in convenzione con il comune di Riposto, all’architetto Gaetano Di Fato, arrestato nel 2015, come evidenziato nella relazione prefettizia, con l’accusa di estorsione ed ancora imputato nel processo scaturito dall’attività investigativa. Una scelta definita significativa. 

La gestione delle strisce blu

Altra vicenda emblematica è quella che ruota attorno alla gestione del servizio di sosta a pagamento lungo la Regia Trazzera, sul litorale della frazione balneare di San Marco. Un appalto, come emerso dalle carte dell’inchiesta ‘Isola Bella’, appetibile e per questo conteso da più soggetti. Nel 2015 l’ente decide di gestire in modo autonomo quel servizio, dopo anni di affidamento ad una società cooperativa, e lo fa con l’aiuto di alcune associazioni di volontariato del luogo. L’inchiesta dei finanzieri avrebbe evidenziato, anni dopo, numerose irregolarità, tra cui la vendita dei biglietti, la tenuta dei registri ed il compenso attribuito agli stessi volontari, molti dei quali pluripregiudicati o vicini ad esponenti della locale criminalità organizzata. Una cattiva gestione dell’attività confermata, secondo la relazione, dal consistente aumento degli introiti nelle casse comunali, registrato dopo l’installazione nel 2020 di parchi metri automatici. Sulle passate gestioni del servizio sarebbe in corso, inoltre, un’attività investigativa per peculato, sfociata nelle scorse settimane in un verbale di sequestro di oltre 20mila biglietti per la sosta inutilizzati. 

Controlli antimafia

Ma l’aspetto forse più inquietante è la quasi totale assenza di controlli antimafia, anche nei settori più a rischio come quello dei rifiuti. I commissari avrebbero rilevato un numero esiguo di accessi alla banca dati nazionale antimafia e nessuno di quelli disposti avrebbe previsto controlli societari più approfonditi. La scarsa importanza attribuita a questi controlli è data dal fatto che ad avere le credenziali per l’accesso alla BDNA sarebbe stato un unico dipendente e che le stesse fossero ormai scadute, al momento dell’accesso ispettivo, da diversi mesi.


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