CALTAGIRONE (CATANIA) – Non si è mai pentito. Non ha mai parlato con gli investigatori e ha sempre respinto le accuse. Questo, in sostanza, fa di lui un potenziale pericolo, da tenere sotto controllo. E così Salvatore Seminara, boss mafioso ed ergastolano originario del Calatino ma conosciuto e rispettato fino all’ombra dell’Etna, resta al 41 bis. Per il Tribunale di Sorveglianza di Roma non ci sono dubbi: non sussistono gli elementi per una revoca del “carcere duro”.
E questo nonostante Seminara abbia da poco preso un ergastolo per un duplice omicidio. E nonostante sia ininterrottamente detenuto, sempre in regime di 41 bis, dal 20 aprile 2016. Fu quello il giorno della sua cattura. Prima era stato libero per poco meno di tre anni, dopo una scarcerazione per decorrenza dei termini nonostante le condanne per mafia del processo Old One. Anni, dal 2013 al 2016, in cui Seminara ordinò pure un omicidio.
Il delitto Cutrona
Il boss è stato condannato infatti poiché ritenuto il mandante di un duplice omicidio avvenuto nel 2015. Proprio come nella scena di un film, con un inquietante simbolismo mafioso. Era la mattina di Pasqua di nove anni fa. I killer uccisero a colpi di lupara. A cadere sotto un fuoco di piombo furono Salvatore Cutrona, vittima designata, e Francesco Turrisi, un giovane che non c’entrava nulla, considerato evidentemente una sorta di danno collaterale dall’assassino. Cutrona – che, come detto, era da sempre vicinissimo a Seminara – sarebbe stato condannato a morte dalla mafia per pagare il fatto di essersi allontanato da lui.
L’udienza romana
Il verdetto del Tribunale di Sorveglianza di Roma parla chiaro: non c’è alcun elemento per ritenere che Seminara abbia smesso di essere ritenuto una “persona di rispetto” all’interno di Cosa Nostra. Del resto “zio Turiddu”, appartenente decisamente a un’altra generazione di mafiosi rispetto a quelli di oggi, non ha mai ammesso proprio nulla. Lui, che faceva i summit di mafia con gli altri mafiosi, che si incontrava a Pergusa con il boss di Enna e a Catania con gli eredi dei Santapaola, in Tribunale ha sempre raccontato di essere un semplice agricoltore.
I ricorsi
Il suo legale, l’avvocato Francesco Azzolina, lo difende sin dai tempi del processo Old One. Di recente aveva chiesto la revoca del “carcere duro”. E i giudici hanno dunque sciolto la riserva, iniziata la scorsa estate. Le ragioni della richiesta difensiva erano collegate alla prolungata durata del regime detentivo e all’età avanzata di Seminara, che già nel 2009, quando fu arrestato dalla Squadra mobile di Enna e dai carabinieri del reparto operativo, nelle intercettazioni veniva chiamato dai suoi picciotti “u vecchiu”.
E c’era ovviamente anche la questione relativa al potere interno a Cosa Nostra: la “storia” mafiosa di Catania, nonché di Enna, ha preso infatti altre direzioni. E infine il tema dei legami mafiosi, che all’interno della cosiddetta “onorata società” sono sempre stati viscerali, ma che una prolungata detenzione può recidere, o quantomeno allentare. Secondo il Tribunale di Sorveglianza di Roma, tuttavia, ancora non è ora.