"Pericolosità persistente". Il boss D'Ambrogio resta al 41 bis

“Pericolosità persistente e nessuna dissociazione”. Il boss resta al 41 bis

Alessandro D'Ambrogio
Senza il carcere duro può tornare a gestire potere e affari

PALERMO – Alessandro D’Ambrogio deve restare al carcere duro. C’è fermento nel mandamento di Porta Nuova di cui è stato il capo. Il suo peso mafioso è ancora attuale visto che il boss non ha mostrato alcun segnale di dissociazione.

La Cassazione rigetta il ricorso e dà ragione al Tribunale di sorveglianza di Roma che ha definito “persistente” il pericolo che D’Ambrogio, senza le limitazioni del carcere duro, possa gestire potere e affari riprendendo i collegamenti con l’esterno.

Il pericolo è dovuto alla “allarmante carriera criminale, al suo ruolo apicale nell’ambito dell’associazione criminale, alla perdurante attività del gruppo criminale di appartenenza, alle segnalazioni della Dda di Palermo circa due omicidi avvenuti nel territorio di riferimento del mandamento mafioso di Porta Nuova (Giuseppe Di Giacomo e Giuseppe Dainotti ndr), all’operatività di molteplici società operanti nel settore del trasporto dei malati e dei servizi funebri, direttamente o indirettamente riconducibili alla famiglia mafiosa di Porta Nuova”.

E poi c’è “l’assenza di segni di dissociazione rispetto alla organizzazione criminale e per la permanenza del ruolo del D’Ambrogio all’interno del medesimo sodalizio, come emerso da alcune intercettazioni di colloqui in carcere fra affiliati.

D’Ambrogio sta scontando 19 anni e otto mesi. È detenuto dal 2011, anno del blitz dei carabinieri che denominato “Alexander” dal nove del capomafia. Fu un durissimo colpo per il potente mandamento di Porta Nuova.

Il boss era riuscito a conquistarsi rispetto e considerazione lontano dal suo territorio. Spingendosi da un lato fino in corso dei Mille e a Brancaccio e dell’altro a Pagliarelli e Uditore. Un capo ben voluto da tutti perché con tutti disponibile. La porta di D’Ambrogio e della sua agenzia di pompe funebri a Ballarò era sempre aperta.

Era divenuto capo dopo l’arresto di Tommaso Di Giovanni. Nel dicembre 1999 D’Ambrogio era stato condannato con sentenza definitiva per mafia ed era uscito da carcere nell’agosto 2006. Nel gennaio del 2008, il nuovo arresto nell’operazione denominata “Addio Pizzo 1”. Tre anni dopo, nel marzo 2011, era di nuovo in libertà. E tutti sapevano che sarebbe diventato il capo.

Emblematica un’intercettazione fra mafiosi di Pagliarelli. A denti stretti criticavano l’atteggiamento di deferenza di alcuni personaggi nei confronti di D’Ambrogio, poi ammettevano: “Ma che ci devi dire, gli devi dare un bacione e basta… appena arriva gli dai un bacione da parte nostra, di tutti quelli che siamo qua e basta”.


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