CALTANISSETTA – È ripreso questa mattina all’aula bunker di Caltanissetta il processo per depistaggio a carico di Angiolo Pellegrini e Alberto Tersigni, ex generali dei carabinieri oggi in pensione, accusati di non aver dato il giusto peso, quando erano in forza alla Dia, alle rivelazioni del pentito Pietro Riggio su importanti indagini: dalla cattura di Bernardo Provenzano al progetto di attentato al giudice Leonardo Guarnotta che presiedeva il processo a Marcello Dell’Utri.
Riggio aveva fatto rivelazioni anche sulla vicinanza del poliziotto Giovanni Peluso alla mafia.
Caltanissetta, il processo e la perizia
Peluso è il terzo imputato del processo ed è accusato di concorso esterno in associazione mafiosa. In apertura dell’udienza di oggi i legali dei due ex ufficiali hanno chiesto di produrre una documentazione in merito ad alcune dirette facebook sulla pagina “Lotta alle mafie”.
In particolare è stato chiesto di far riascoltare in aula l’audio della voce di una persona, apparsa con il volto travisato e con il falso nome di Giuseppe Sirio, e disporre una perizia. Secondo i legali Sirio potrebbe essere proprio Pietro Riggio. Alla richiesta si è opposto il procuratore aggiunto Pasquale Pacifico secondo il quale la perizia non sarebbe rilevante ai fini del processo.
Le parole del procuratore Pacifico
“Anche nel processo sulla trattativa – ha detto – era stata formulata la stessa richiesta e in quella sede la Corte d’Assise di Palermo rigettò l’istanza ritenendola meramente esplorativa. Non ritengo che sia cambiato nulla. Alla scorsa udienza il collaboratore di giustizia su domanda dei difensori ha espressamente negato che l’alias Giuseppe Sirio possa essere attribuibile a lui così come ha negato di aver preso parte a una diretta facebook. Quindi anche fargli ascoltare quel frammento di audio in aula sarebbe del tutto inutile”.
I legali hanno replicato che l’ascolto in aula potrebbe essere chiarificatore relativamente all’attendibilità del teste. Il Tribunale di Caltanissetta, dopo essersi ritirato in camera di consiglio, ha respinto la richiesta dei difensori accogliendo le obiezioni del procuratore.
Le dichiarazioni del pentito
“Io e Giovanni Peluso avevamo fatto una sorta di sopralluogo vicino al bivio Rosa di Resuttano. C’era un ovile e sopra una montagnetta con una stradina che costeggia l’autostrada, avevamo preso alcune trazzere che se non si conoscono è difficile arrivarci. Fu lì che Giovanni Peluso mi disse che se un’auto veniva colpita, anche da un proiettile di gomma, poteva andare a sbattere contro la galleria. Successivamente ricollegai tutto questo discorso alla morte del generale dei carabinieri Gennaro Niglio”.
Lo ha detto il pentito Pietro Riggio rispondendo alle domande dell’avvocato Oriana Limuti.
L’allora comandante dei carabinieri della Regione Sicilia, Gennaro Niglio, morì in ospedale il 9 maggio 2004. Tredici giorni prima l’auto su cui viaggiava con l’autista, lungo la Catania-Palermo, era uscita fuori strada all’altezza di Resuttano: non ci fu nulla da fare, nonostante due interventi chirurgici.