Caputo vuole Sala d'Ercole | "Decreto Severino illegittimo" - Live Sicilia

Caputo vuole Sala d’Ercole | “Decreto Severino illegittimo”

Così come nel caso di Silvio Berlusconi, l'ex deputato regionale contesta la retroattività della norma. Ma non solo. Sarebbero tanto i motivi per cui, nel suo ricorso, l'ex sindaco di Monreale chiede che gli venga restituito il seggio ricoperto oggi da Pietro Alongi. Ecco quali.

Il braccio di ferro
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PALERMO – Cacciato dall’Assemblea regionale “a tempo di record”. Lo ripete più volte, con parole diverse, il suo legale, l’avvocato Gaetano Armao, nel lungo testo che rappresenta il ricorso contro la sua decadenza. Salvino Caputo ha lasciato Sala d’Ercole, come è noto, per una vicenda antica di multe che, in qualità di sindaco di Monreale, si sarebbe impegnato a far “annullare”. Una storia che ha portato a una condanna di un anno e cinque mesi. Quanto basta per spingere l’Assemblea a una riunione della Commissione verifica dei poteri che ne ha sancito, in pochi minuti, la fine della sua esperienza di parlamentare regionale.

Il primo, in Italia, a dover lasciare il proprio scranno a causa dell’ormai noto “decreto Severino”. Una norma, balzata agli onori della cronaca più recentemente, a causa dell’applicazione nei confronti di un imputato più “influente”. Ma se per la decadenza di Silvio Berlusconi rischia di scatenarsi, quasi, una “guerra civile”, nel caso di Caputo, pochi mesi fa, è bastata una riunione di circa un quarto d’ora.

Ma quella faccenda, secondo il legale di Caputo, l’ex assessore all’Eonomia Gaetano Armao, non sarebbe stata vagliata con la necessaria attenzione. Anzi. Secondo Armao, il decreto Severino sarebbe illegittimo sotto diversi punti di vista. Da lì, appunto, il ricorso. E la richiesta di Caputo di al “proprio” scranno. Occupato adesso da Pietro Alongi (il ricorso, ovviamente, è anche nei confronti di quest’ultimo).

La prima udienza si è tenuta proprio ieri. E uno dei motivi della presunta illegittimità del “Severino” sarebbe proprio la retroattività della norma. Che interviene con una sanzione che non era prevista al momento in cui è stato commesso il reato. È lo stesso motivo, di fatto, per il quale il Cavaliere ha sollevato eccezione di costituzionalità del decreto. Sulla scia, infatti, dell’articolo 25 della Costituzione, infatti, Armao sottolinea come “ogni intervento sanzionatorio, il quale non abbia prevalentemente la funzione di prevenzione criminale (e quindi non sia riconducibile – in senso stretto – a vere e proprie misure di sicurezza), è applicabile soltanto se la legge che lo prevede risulti già vigente al momento della commissione del fatto sanzionato”. E la sanzione, appunto, non era prevista negli anni in cui Caputo avrebbe compiuto il reato di abuso d’ufficio.

Ma non solo. Secondo l’avvocato di Caputo, il decreto, nella specifica situazione riguardante l’ex parlamentare, è illegittimo essenzialmente per altri due motivi. Il primo, consiste nel fatto che il decreto Severino, avrebbe travalicato i principi stessi della “legge delega” (di fatto il Parlamento ha delegato il governo a legiferare all’interno dei limiti fissati dal parlamento stesso). Nello specifico, il “Severino” avrebbe dovuto tradurre, dal punto di vista delle sanzioni ai politici, le norme previste dal decreto anticorruzione del 2012. “E’ evidente che il legislatore delegato (il governo, ndr), nell’applicare i criteri direttivi impartiti dal legislatore del 2012, – scrive però Armao – si sia spinto ben oltre i limiti sanciti ed, in particolare, eludendo la puntuale soglia di esclusione individuata nella legge delega nella durata eguale o inferiore al biennio della reclusione con riguardo ai reati contro la pubblica amministrazione”. Insomma, sarebbe “scomparso” nel decreto, la soglia minima della condanna a due anni per questo tipo di reati, presente invece nella legge anticorruzione.

L’altra contestazione sulla legittimità del decreto, si basa sulla mancata parificazione dello status di deputato regionale con quello di deputato nazionale e senatore. In questi due casi, infatti, ecco tornare la soglia minima dei due anni di reclusione per portare alla decadenza (Caputo, lo ricordiamo, è stato condannato a un anno e mezzo). Ma l’Ars, spiega Armao, non è un organo amministrativo, bensì un parlamento.

E a proposito del parlamento, il ricorso si scaglia anche contro l’Ars. Secondo Armao, infatti, la Commissione Verifica dei poteri avrebbe potuto stabilire la decadenza solo in caso di condanna passata in giudicato. Ma Caputo ha presentato ricorso contro la Cassazione per “errore materiale”. Per il parlamentare, infatti, il reato sarebbe già prescritto, e la Corte avrebbe sbagliato il “conteggio”. La sentenza, insomma, non sarebbe ancora definitiva, visto che il pronunciamento sul ricorso di Caputo potrebbe ancora capovolgere l’esito della sentenza. Ultimo motivo di ricorso, infine, è legato all’”eccesso di potere”, alla mancanza di istruttoria e alla carenza di motivazione alla base della decisione, della commissione dell’Ars di estromettere Caputo da Sala d’Ercole. Per farla breve, il parlamentare non avrebbe avuto nemmeno la possibilità di controbattere, e di far sentire le proprie ragioni. Già, lui, primo in Italia a “subire” il decreto Severino, è stato “cacciato” in un quarto d’ora. Adesso spera di essere il primo a far riconoscere l’illegittimità del decreto Severino. Una speranza coltivata, come è noto, anche dalle parti di Arcore.


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