Il pienone di voti, il carcere, il ritorno: storia di Totò Cuffaro

Il pienone di voti, il carcere e il ritorno in politica di Totò Cuffaro

Dalla condanna per favoreggiamento alla mafia alle nuove accuse

Roma, 13 dicembre 2015. Si apre il cancello del carcere di Rebibbia. Totò Cuffaro torna in libertà dopo 4 anni e 11 mesi di detenzione. “Oggi posso dire di aver superato il carcere. Nella mia coscienza sono innocente. Ho fatto degli errori, non mi voglio nascondere. Io li ho pagati, altri no. Ora credo di avere il diritto di ricominciare”, disse ai cronisti che lo attendevano fuori dal penitenziario. Oggi viene coinvolto in una nuova inchiesta per corruzione.

La sua prima vicenda giudiziaria inizia il 5 novembre 2003 con la scoperta di “talpe” negli uffici della Procura di Palermo. La rete di spionaggio, che fa capo al ras della sanità privata Michele Aiello, prestanome di Bernardo Provenzano, si regge su due insospettabili, Giorgio Riolo sottufficiale del Ros dei carabinieri e Giuseppe Ciuro della Dia.

Il 2 novembre 2004 Cuffaro viene rinviato a giudizio per favoreggiamento aggravato a Cosa nostra. Sua è la soffiata che dopo altri passaggi arriva alle orecchie del boss di Brancaccio Giuseppe Guttadauro, medico all’ospedale Civico. C’è una microspia a casa sua.

La prima condanna e i cannoli

Il 18 gennaio 2008 Cuffaro viene condannato in primo grado a 5 anni di reclusione, per rivelazione di segreto d’ufficio. I pubblici ministeri sono Maurizio de Lucia (attuale procuratore di Palermo) e Michele Prestipino. Cade l’aggravante del favoreggiamento della mafia. Cuffaro, che intanto è stato rieletto nel 2006 presidente della Regione, annuncia che non si dimetterà. Fatale, però, sarà un’immagine che lo ritrae con un vassoio di cannoli siciliani. Lui nega, e sempre negherà, che stesse festeggiando, ma la polemica lo travolge e il 26 gennaio 2008 si dimette.

L’aggravante di mafia

Il 23 gennaio 2010 la Corte d’appello di Palermo riconosce l’aggravante del favoreggiamento di Cosa Nostra e condanna Cuffaro a 7 anni. La sentenza diventa definitiva il 22 gennaio 2011. Cuffaro attende il verdetto della Cassazione in preghiera, poi si presenta nel carcere di Rebibbia.

Nel giugno 2012 Cuffaro si toglie il peso di una nuova possibile condanna. Erano stati chiesti 13 anni di carcere. Viene assolto dall’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa. Ne bis in idem: i reati che gli vengono contestati sono uguali a quelli cui è stato condannato e non si può processare una persona due volte per gli stessi fatti.

La riabilitazione di Cuffaro

Nell’ottobre 2022 Cuffaro ottiene la riabilitazione dal Tribunale di Sorveglianza, ma non viene meno la pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici. La legge “Spazzacorrotti” impone una revisione dopo un periodo di sette anni. L’interdizione gli preclude non solo di coprire incarichi istituzionali e di politica attiva, dunque di candidarsi, ma anche di esercitate la professione di medico.

Un anno dopo, nel 2023, viene accolto il ricorso della difesa che ritiene errato applicare la “Spazzacorrotti” retroattivamente. I giudici riconoscono all’ex governatore la piena riabilitazione. Il leader della Nuova Dc ha pagato tutte le spese processuali e per il mantenimento in carcere. Ha sborsato i 150 mila euro per il danno di immagine subito dalla Regione e sancito dalla Corte dei Conti. In carcere ha tenuto “una condotta regolare e partecipativa”.

“Un corretto modello di vita”

Nessun illecito o comportamento irregolare è emerso nella sua condotta successiva alla scarcerazione. Il Tribunale segnala “una pluralità di elementi sintomatici del recupero del soggetto ad un corretto modello di vita”. Lo dimostrano le sue parole (“La mafia fa schifo”), il volontariato per i detenuti, la raccolta fondi tramite una onlus in favore della popolazione del Burundi, i ricavi dei romanzi donati in beneficenza, l’impegno politico nella Dc, le donazioni in favore del “Centro Padre Nostro”, fondato don Pino Puglisi.

Cuffaro ha dato piena prova di avere cambiato vita e viene meno l’interdizione dai pubblici uffici. Il suo impegno in politica aumenta e di pari passo il suo peso a livello locale e regionale. Torna a far sentire la sua voce, forte di un sostegno elettorale (e personale) che neppure l’arresto ha scalfito. Certo i numeri non sono più quelli di un tempo, ma resta un politico amato e diventa segretario nazionale della nuova Democrazia Cristiana.

È il suo partito da sempre, da quando giovane esponente del partito intervenne nella puntata speciale di “Samarcanda” e del “Maurizio Costanzo Show”. Difendeva la Democrazia cristiana del tempo. “C’è in atto una volgare aggressione alla classe dirigente migliore della Democrazia Cristiana in Sicilia. Il giornalismo mafioso che è stato fatto stasera fa più male alla Sicilia di dieci anni di delitti…“, disse fra le altre cose davanti agli ospiti della trasmissione. In teatro ad ascoltarlo c’erano il giudice Giovanni Falcone, Claudio Fava, Giovanni Impastato e Rita Dalla Chiesa. L’intervento di Cuffaro finì in alcuni video su YouTube. Ora il nuovo scandalo giudiziario.


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