Caro Professore Leoluca Orlando, Sindaco di Palermo
Te l’hanno detto che la tua città è sequestrata nel senso tecnico e non penale della parola? Ti hanno mai riferito del calvario quotidiano degli automobilisti da via Crispi alla Circonvallazione? Ci scusiamo – come Troisi e Benigni nella lettera a Savonarola – per le eventuali volgarità. Sappiamo che esistono argomenti molto più importanti: la sacra antimafia da parata, l’elogio del tram che tutti i guai risolse e ridiede perfino la vista ai ciechi.
Sappiamo che tu, Sindaco, sai volare alto, perché sei un campione inarrivabile di retorica e suggestione. Ma c’è un problema: molti palermitani ormai ti vedono – sicuramente esagerando, poiché non sei un protervo e sei di un’onestà conclamata – come lo sceriffo di Nottingham, con la mano nel portafoglio del concittadino tra una Ztl qua e un limite di velocità là con relativo autovelox lì. Davvero un ingiusto paragone per la tua levatura, però – come diceva Lenin, valente collega del tuo assessore all’Immobilità, Giusto Catania – i fatti sono testardi e possono originare pensieri eccessivi, specialmente se le multe e i pedaggi non ricevono il contrappasso minimo di servizi decenti.
Quello che accade è sotto gli occhi degli onesti non abbacinati dalla propaganda. Palermo è una capitale se-ques-tra-ta da un abuso che si ripete continuamente. Vai in Circonvallazione? La trovi strangolata da file interminabili di auto bloccate dai lavori in corso e dal contachilometri. Cerchi scampo, svicolando dal mare? Incappi nel budello di via Crispi e del porto ingolfato dai controlli antiterrorismo. Il traffico arriva ovunque come un onnipresente incubo: in via Libertà come in viale Strasburgo, a Mondello come in via Cavour.
Caro Leoluca, conosciamo l’obiezione tua e degli orlandiani di complemento opposta in funzione di corazza impermeabile alle critiche: e i lavori non si devono forse realizzare? E i cantieri non devono essere aperti? E i controlli non sono obbligatori? D’accordo, tuttavia un’amministrazione comunale esisterebbe proprio per trovare le soluzioni migliori, per armonizzare e ridurre in virtuosa sintesi le difficoltà e le necessità, per rendere agibile la vita del suo popolo, per minimizzare i disagi, per inventare un equilibrio compatibile tra programmi di sviluppo – ragionevolmente brevi che non si trascinino alle calende greche: e sul punto nutriamo qualche dubbio – e la libertà delle persone di uscire da casa senza sentirsi coinvolte in un film horror.
Semplice, no? Eppure, a Palazzo delle Aquile, avete scelto la strada comoda dell’ideologia: è colpa dei palermitani che si ostinano a prendere le macchina. E che altro potrebbero tentare? L’attesa eterna di un autobus che non passa? L’abbordaggio al tram che non conduce in nessun posto?
Caro Professore, un tempo, almeno, con le tue ardite metafore riuscivi ad aprire spazi di riflessione. Ora, hai rinchiuso tutti in un inferno di asfalto e di lamiera. Per quanto ciò possa apparire ingiusto, sarai ricordato soprattutto per questo.