"Caro Mirko, anch'io minacciato di morte" | La lettera di un collega al vigile ucciso - Live Sicilia

“Caro Mirko, anch’io minacciato di morte” | La lettera di un collega al vigile ucciso

La morte del vigile urbano Mirko Vicari ha scosso l'intero corpo della polizia municipale. E' un collega del 38enne a scrivere una lunga e intensa lettera, in cui descrive le difficoltà di un'attività a cui spesso si risponde "con rabbia e disprezzo". "Che nesso c'è tra tutto questo e la tua morte, caro Mirko?".

LA TRAGEDIA DI VIA SCILLATO
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PALERMO – Dolore, rammarico e preoccupazione tra le parole rivolte a Mirko Vicari, il vigile urbano di 38 anni che sarebbe stato ucciso da un malvivente dentro casa sua, in via Scillato. La tragedia avvenuta una settimana fa nella zona di via Perpignano è ancora fresca nel cuore e nella mente di coloro che volevano bene all’agente della polizia municipale, sulla quale morte restano ancora diversi punti oscuri.

L’autopsia eseguita due giorni dopo la morte di Vicari dal professore Paolo Procaccianti, presso l’Istituto di Medicina Legale del policlinico, non ha infatti fatto chiarezza, ma ha confermato che ad uccidere il vigile urbano è stato un unico colpo di pistola al petto, sparato dall’alto verso il basso.

E così, resta ancora il dubbio dell’agguato. E’ questa una delle ipotesi su cui gli investigatori stanno lavorando. Nessun elemento importante sarebbe infatti venuto fuori nel corso degli interrogatori ai residenti della zona e ad alcuni pregiudicati che vivono proprio ad Altarello. In più, al momento, nessuno avrebbe dichiarato di aver visto o sentito qualcosa.

Insomma, è il silenzio a prevalere in una vicenda che ancora in tanti non si sanno spiegare. Compresi coloro che lavoravano con Mirko, quelli che lo vedevano di sfuggita, ma che condividevano con lui lo stesso tipo di attività, quella di controllare gli ambulanti e individuare gli abusivi nei mercati rionali.

E’ proprio in una lettera che un collega di Vicari esprime la sua preoccupazione e descrive tristemente le sensazioni provate durante l’orario di servizio, come “l’odio il disprezzo e il rancore che alcune persone riversano nei confronti della nostra divisa”. Fabrizio Romeo, dedica a Mirko le sue parole:

“Caro Mirko, sono stato al tuo funerale.
Sì, lo so, non è un modo normale di cominciare una lettera, ma ho delle cose da dirti e, siccome probabilmente non puoi sentirmi, penso che se le scrivo come se parlassi al mio cuore sicuramente ti arriveranno lo stesso. Certo, in passato non siamo stati particolarmente vicini, anche se abbiamo condiviso lo stesso lavoro, la stessa macchinetta del caffè, lo stesso spogliatoio… e in più di un’occasione, per strada, anche lo stesso odio, disprezzo e rancore che alcune persone riversano nei confronti della nostra divisa. Ma questo, tu lo sai, non è certo perché noi siamo cattivi o facciamo un lavoro cattivo, né perché la gente è per sua natura cattiva.

Il fatto è che, purtroppo, spesso siamo costretti a fare un lavoro giusto e di grandissima responsabilità nel peggiore dei modi possibili, e cioè dando alla gente la sensazione di subire un’ingiustizia, un sopruso, una vessazione. Io personalmente, in tanti anni di servizio, mi sono fatto un idea del perché ciò accada, e la risposta che mi appare davanti in tutta la sua evidenza è sempre la stessa: la gente subisce l’applicazione della legge come un’ingiustizia se la legge, per quanto giusta, non è applicata in maniera uguale per tutti. Sicuramente ricordi che qualche volta ne abbiamo anche parlato, e tu sai che, al di là della brutta fama che mi hanno cucito addosso, da sempre cerco di cambiare questo stato di cose.

Ma purtroppo noi che stiamo su strada possiamo fare ben poco in questo senso. Noi siamo solo meri esecutori, sottoposti, operatori. La responsabilità vera di questo stato di cose risiede, con una sconcertante continuità, nei più alti vertici di chi ci comanda e ci amministra da sempre, al di là dei nomi, dei volti, e dei colori politici. Cosa c’entra tutto questo con quello che ti è successo? Esattamente non lo so. Però ci sono alcune cose che so…

Io so che tu non sei nato per fare il martire o l’eroe, ma semplicemente andavi ogni giorno, con un grande senso del dovere e responsabilità, dove venivi mandato a prenderti la tua razione quotidiana di odio e di disprezzo per meno di mille euro al mese.
Io so che esiste nella nostra terra un potere parallelo al potere istituzionale, che è molto radicato sul territorio, con un’economia parallela, un sistema di regole parallele, ed un controllo dell’ordine parallelo, talvolta più efficienti e sicuramente più intransigenti del potere istituzionale.

Io so che oggi stiamo vivendo un periodo di grave crisi economica, ed in una città in cui persino i posteggiatori abusivi pagano il pizzo, la pubblica amministrazione da tempo ha avviato un giro di vite per recuperare ogni risorsa economica possibile dalle tasche dei cittadini. Io so che difficilmente si possono servire due padroni, e se un commerciante deve scegliere tra pagare le tasse, le licenze, il suolo pubblico, l’assicurazione del motocarro, ecc.… oppure il pizzo, sicuramente è costretto a scegliere la seconda ipotesi.Io so che ogni volta che sequestriamo merce, bancarelle e tendoni ad un commerciante abusivo caricandolo di verbali, e magari gli sequestriamo anche l’Ape con l’assicurazione scaduta, non solo abbiamo creato un disperato in più, ma abbiamo anche sottratto una risorsa economica al potere parallelo non-istituzionale.

Io so che quando molti disperati si uniscono e decidono di chiedere aiuto a qualcuno, è molto probabile che si rivolgano al potere che, in certe fasce sociali, generalmente è più temuto e rispettato, e che molto spesso non è il potere istituzionalmente costituito.
Io so che i furti negli appartamenti sono purtroppo molto diffusi, ma nessuno trova i ladri dentro casa, perché anche i balordi più sprovveduti lasciano sempre uno a fare il palo in strada. Io so che abitavi in un modestissimo appartamentino in affitto in un modestissimo quartiere popolare di periferia, non certo in una villa a Mondello o in un attico in centro, e sicuramente non navigavi nell’oro (come me, del resto). Io so che quello che ti è successo è comunque davvero molto strano, fuori dagli schemi, e, a mia memoria, senza precedenti. Questo è quello che so.

E non mi servono le prove per dirlo, perché sono cose comprovate e risapute da tutti, evidenze alla luce del sole. Quello che non so invece, almeno con certezza, è se esiste un nesso diretto di causa-effetto tra il tuo lavoro (il nostro lavoro), e quello che ti è successo. Certo, non credo che qualcuno ce l’avesse con te personalmente. Piuttosto potrebbe essere stato una sorta di messaggio estremo lanciato a chi sa come effettivamente stanno le cose nella nostra città. E credo anche che, in tal caso, sia stata valutata l’opportunità, anzi la necessità, di fare in modo che la cosa apparisse ai più come una fatalità, un evento accidentale.

Te lo immagini il responsabile della Polizia Urbana crivellato di colpi con un’esecuzione in piena regola durante un servizio al mercatino? Magari nel corso di un grosso sequestro? No, troppo casino… Anzi un grande caso, a livello nazionale. E dal giorno dopo in città ci sarebbe stata una guerra aperta ad ogni forma di abusivismo, con grande dispiegamento sul campo di tutte le forze dell’ordine. E sarebbe stata una grande rogna non solo per il potere parallelo, ma anche per il potere istituzionale, che in tal caso si sarebbe trovato di fronte alla responsabilità del proprio fallimento ed alla necessità di interventi drastici e risolutivi.

Ecco perché sono rimasto assolutamente sconcertato quando, fin dal primo istante, il sistema politico-istituzionale-mediatico non ha esitato un attimo ad abbracciare con convinzione l’apparenza del furto degenerato. Per non parlare poi dell’ipotesi che tu abbia organizzato tutto per una teatrale uscita di scena. Roba da premio Oscar. O piuttosto roba da vomitare… esercizi di arrampicamento sugli specchi messi in atto da chi, nella migliore delle ipotesi in buona fede, fa di tutto per distogliere l’attenzione pubblica dal considerare l’ipotesi che io ritengo più fondata.

E poi, conoscendoti… praticamente fango buttato sulla tua bara ancora aperta ed in faccia alla tua famiglia! Sarà… ma il rasoio di Occam vuole che se uno viene minacciato di morte e poi muore ammazzato, foss’anche schiacciato da un tir, la cosa più logica da fare è accertare se per caso c’è un nesso tra i due eventi.
Io credo che questo nesso ci sia, me lo sento. Perché anche io ho ricevuto minacce di morte più o meno velate da parte di gente esasperata, a volte per un semplice verbale da codice della strada. Ma non ho le prove.

Ti confesso che quello che ti è successo mi ha sconvolto, e il solo pensiero che esiste la possibilità che le cose siano andate come penso mi sta facendo seriamente considerare di mollare tutto e chiedere di essere trasferito in una diversa posizione quanto più defilata possibile. Certo, il nostro è un lavoro importantissimo e deve essere fatto, certe cose qualcuno deve pur farle. Ma se per farle poi si va a finire ad una messa cantata allora non ha senso, niente più ha senso.

Sono disposto a credere, senza pregiudizi che le cose effettivamente siano andate come è stato descritto dai media in questi giorni. Ma me lo devono dimostrare, inconfutabilmente, con assoluta certezza e al di là di ogni ragionevole dubbio. E comunque fino a quel momento i nostri vertici istituzionali dovrebbero avere la decenza di tacere sull’argomento, e riconoscere in ogni caso il fallimento totale di tutto la sfera del rispetto delle regole e del controllo del territorio nella nostra amata e schifosa città.

Ciao Mirko. Adesso ti do il mio saluto, e ti confido la speranza che queste mie parole possano dare un contributo, anche piccolo, al tuo grande sacrificio, e che i nostri figli possano vivere un giorno in un mondo migliore. Anche grazie a te”.

Ti sento davvero vicino.
Fabrizio


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