"Caro sindaco |da Catania si scappa" - Live Sicilia

“Caro sindaco |da Catania si scappa”

La presa di posizione di Matteo Iannitti esponente di Catania Bene Comune.

#GiudicaBianco
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CATANIA. L’intervento di Matteo Iannitti (Catania Bene Comune):

“Sono ormai passati 3 anni dalla campagna elettorale che ha consacrato, per la quarta volta, Enzo Bianco Sindaco di Catania. Un tempo lungo (basti pensare che Renzi siede a Palazzo Chigi da poco più di due anni), bastevole non solo per valutare le cose fatte ma anche per fare un bilancio delle cose promesse e che non si realizzeranno mai. Negli ultimi tre anni Catania Bene Comune, come promesso in campagna elettorale, ha controllato l’attività amministrativa, ha denunciato gli errori, i tagli, le politiche sbagliate della Giunta Bianco. Allo stesso tempo ha fatto proposte, ha pungolato l’amministrazione, ha tentato di amplificare la voce di esperienze, movimenti e comitati che si battono per cambiare la città attraverso buone pratiche.

Non basta però oggi, tracciando un bilancio dell’attuale amministrazione, rinchiudersi nell’enumerazione degli errori, dei fatti gravi, delle collusioni, degli atti di arroganza di cui sono stati protagonisti Bianco e alcuni dei suoi assessori. Si tratterebbe di un facile ma sterile esercizio: l’altra faccia del “propagandistico” giornale comunale. Probabilmente è invece l’occasione per aprire un confronto sulle condizioni della città di Catania, su come è cambiata negli ultimi anni, sui suoi bisogni, sulle sue emergenze, sul suo futuro.

Da Catania si scappa. Sono migliaia le ragazze e i ragazzi, i giovani genitori, gli adulti senza lavoro che negli ultimi anni hanno lasciato Catania per cercare un futuro dignitoso all’estero o in altre parti d’Italia. Alle valigie di cartone abbiamo sostituito i trolley compatti per i quali non si paga il costo del bagaglio in aereo ma il disastro sociale che vive la città e il meridione nel suo complesso non è diverso da quello di 70 anni fa. A giustificare l’emigrazione però non c’è solo la condizione economica ma anche una progressiva invivibilità della città, l’assenza di servizi, i prezzi inspiegabilmente proibitivi per gli alloggi, un’attrattiva sempre minore verso l’Università di Catania che sta vivendo una crisi profonda. In questo contesto Brighton, il Sussex o la periferia londinese o l’Olanda o l’Australia diventano le nuove città dei catanesi, con le piste ciclabili e gli asili nido, i trasporti pubblici funzionanti. E a Catania si resta sempre più soli e scappa anche la voglia di migliorare. Allo sforzo di cambiare la città si preferisce cambiare città.

Catania senza lavoro. La cosiddetta Etna Valley è ormai una narrazione d’altri tempi: le crisi si susseguono e dopo Micron adesso è la volta di 3sun, mentre alla ST il ventennale blocco delle assunzioni non consegna alcuna promessa di sviluppo. Il sistema delle cooperative sociali, ormai svelato nella sua perversione, è al collasso. L’ente pubblico paga con ritardi immensi e le condizioni lavorative sono diventate inaccettabili. Sono migliaia le cittadine e i cittadini catanesi che, regolarmente assunti, lavorano senza prendere lo stipendio. Il lavoro nero o tramite voucher è poi la norma per intere generazioni. Bar, ristoranti, asili, discoteche, centri per anziani, magazzini, negozi pagano alla giornata. In un sistema di moderno caporalato alla piazza dove farsi trovare alle 5 del mattino si è sostituito lo smartphone e un messaggio su whatsapp: stasera lavori, domani sera no! Vieni tra due ore! Per i cantieri il meccanismo è lo stesso. Il costo del lavoro è ai limiti della schiavitù: nei locali della movida non si prende più di 30 euro a sera ma sono tantissimi a prendere 20 o 25 euro per 8 o 10 ore di lavoro. Nel settore legato all’infanzia i prezzi scendono. Ludoteche, doposcuola, babyparking arrivano a pagare i dipendenti, rigorosamente in nero, anche 15 euro per 6 o 8 ore di lavoro. E in tutto questo ci si tiene stretti il posto, nonostante tutto. L’alternativa è tornare a vivere coi genitori o raggiungere il proprio amico in chissà quale parte del mondo.

Una città abbandonata. A Librino si è finalmente ottenuta l’apertura di alcune sezioni di scuola superiore, una vittoria importante per il quartiere ma larghissima parte della città rimane invisibile, non considerata, abbandonata. Uno dopo l’altro chiudono gli edifici scolastici, a San Cristoforo come a Picanello. Impianti sportivi impraticabili, parchi devastati, verde non curato, strade disastrate sono l’immagine della periferia cittadina. Gli alloggi popolari non hanno la minima manutenzione, il trasporto pubblico lascia interi quartieri isolati dalla città per larga parte della giornata. Non vi è il minimo controllo da parte delle Istituzioni e gli unici momenti in cui si vede lo Stato è quando la Questura organizza i blitz. La prossima chiusura dell’Ospedale Vittorio Emanuele, nei cui locali la Giunta Bianco vorrebbe realizzare un inutile campus universitario privato, e il blocco dei lavori per la costruzione dell’Ospedale San Marco di Librino rischiano di mettere a serio rischio il diritto alla salute in città. È in questo contesto che si sente ancora l’odore acre del rogo delle ciminiere comunali di Viale Africa e si piange la scomparsa dell’Architetto Leone.

Una città già fallita. La situazione economica della città non è migliorata negli ultimi anni e Catania non si trova oggi sull’orlo del fallimento ma già fallita. Stipendi comunali pagati in ritardo e spazzatura per strada sono stati solo l’anticipazione di ciò che potrebbe accadere nei prossimi mesi. Dal 2013 a oggi la città ha accumulato altri 29 milioni di euro di debiti e i Governi Renzi e Crocetta hanno diminuito ulteriormente i trasferimenti al Comune. Le tariffe dei servizi sono ulteriormente aumentate e ai cittadini vengono garantiti sempre meno diritti. Mentre l’amministrazione propone ulteriori privatizzazioni ed esternalizzazioni, di pubblico a Catania sembra non essere rimasto altro che il debito, pagato col sudore degli abitanti della città. Tutto viene messo in vendita o affidato ai privati, anche le aiuole, i parchi, le rotatorie. Persino la redazione dei documenti contabili viene esternalizzata. Tuttavia rivolgersi ai privati non risolve nulla: deserti i bandi per la manutenzione e quelli per la redazione del piano di rientro (tralasciando i comitati d’affari).

In rosso sono i conti del Comune, come quelli di chi vive a Catania. Alla crisi finanziaria degli enti locali corrisponde una crisi economica devastante che colpisce larghi strati della città e ha annientato anche quel ceto medio che trainava lo sviluppo culturale e sociale di Catania. La povertà diffusa si tocca con mano e ci stiamo abituando a non avere risorse economiche, modificando i nostri stili di vita e le nostre ambizioni. Nel frattempo una porzione di città, sempre più piccola e sempre più ricca, si autoproclama classe dirigente trasformando la vita democratica della città in una plutocrazia elettiva o “nominata consulente”.

Una città mafiosa. Nel tripudio della crisi economica vince la criminalità organizzata e la borghesia mafiosa. Non vi è opera pubblica o grande opera privata su cui non sono state accertati interessi dei clan. Catania è la città d’Italia nella quale, rispetto al numero di abitanti, vi sono più procedimenti per mafia. Tragicamente sono emerse le infiltrazioni criminali nelle Istituzioni, nel tessuto produttivo e nelle grandi imprese. Evidenti sono le interferenze dei clan nella vita democratica della città e si attende ancora una presa di posizione del Prefetto circa la richiesta di scioglimento del Comune per mafia. Sul Pua e sul porto gravi sono le responsabilità dell’attuale amministrazione, in totale continuità col sistema di potere che governa Catania da 60 anni.

Solo guardando alla città di oggi, alle sue condizioni materiali e alla sua crisi economica che diventa anche culturale e sociale, possiamo valutare l’operato dell’amministrazione comunale guidata da Enzo Bianco. E purtroppo la Catania di oggi è messa peggio di quella che si accingeva ad andare a votare il 9 e 10 giugno 2013.
Le aspettative verso il Sindaco Bianco erano enormi e tutte sono state disattese. Colui che era stato eletto proprio per via della già sperimentata capacità amministrativa si è dimostrato ampiamente incapace di amministrare la città, come testimoniano i tantissimi atti annunciati e poi modificati o ritirati. Dopo 3 anni di amministrazione Bianco non vi è alcuna traccia del nuovo appalto per i rifiuti, del piano regolatore generale, di un piano per lo sviluppo economico, di un rilancio del turismo, di un piano per il trasporto pubblico o la mobilità.

Il Sindaco invece di cimentarsi nella risoluzione dei problemi di Catania, ha creato intorno a sé un cerchio magico di yes-man che gli fornisce una visione della città ovattata e distorta. Indisponibile a qualsivoglia confronto, assente seriale dal consiglio comunale, Bianco si è convinto che la città potesse essere amministrata in maniera autoreferenziale. Ogni atto della Giunta, anche il più banale, viene raccontato alla stampa come evento sensazionale mentre le parti sociali appaiono anestetizzate e lasciano passare qualsiasi provvedimento, anche il più grave, senza proferire parola. Mentre il Prefetto tace e la Magistratura aspetta ancora il nuovo Procuratore, nella Catania non amministrata il senso di impunità di chi governa aumenta, scalfendo inesorabilmente la democrazia e gli anticorpi dell’autoritarismo e della mafia. Alcide De Gasperi diceva spesso che la differenza tra un politico e uno statista è che “il politico guarda alle prossime elezioni, lo statista alle prossime generazioni”. Enzo Bianco, né politico né statista, governa Catania guardando solo ai giornali dell’indomani mattina. Una parabola discendente per Bianco che ahinoi sta trascinando l’intera città. Una sorte immeritata per una città che avrebbe tante energie da poter liberare.

A chi vuole bene a Catania e non ha intenzione di andare via, non resta che rimboccarsi le maniche e immaginare la città di domani: i suoi servizi pubblici, il suo piano regolatore a cemento zero, la liberazione dal cappio del debito illegittimo, la possibilità di creare occupazione a partire dalle risorse del territorio, la volontà di liberarsi dalla mafia. Ma dobbiamo avere tutte e tutti una consapevolezza. Il futuro di Catania non sarà migliore se cambieremo il cognome del Sindaco. Non si tratta di rimpiazzare il potente di turno o di lottare per prendere il suo posto. Si avrà una Catania diversa, migliore, solo se riusciremo a capovolgere i paradigmi del potere, a rompere i meccanismi che creano povertà e ingiustizie e se sapremo essere davvero comunità autonoma, democratica e consapevole. Solo riprendendoci in mano collettivamente il nostro destino, assumendoci in prima persona la responsabilità del cambiamento potremo davvero costruire una Catania migliore. Bianco oggi governa non vedendosi come rappresentante dei cittadini al servizio della città. Bianco governa Catania mettendo la città al suo personale servizio. È questo che dobbiamo impedire in futuro. È forse questo l’atto più grave fatto dal Sindaco in questi tre anni di amministrazione”.

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