CATANIA – Caronte è arrivato. Non per niente il mega anticiclone africano che da giorni e fino alla fine di luglio porterà temperature altissime, afa e umidità prende il nome dal traghettatore che trasportò Dante da una sponda all’altra dell’inferno. Le temperature delle ultime giornate sono davvero infuocate. Nelle isole si sta assistendo all’impennata da 33 a 36 gradi, in molte zone picchi di 40 gradi, come nella zona interna della Sicilia e nella piana di Catania. E se da una parte le spiagge sono le mete più gettonate per rinfrescarsi, l’afa porta a registrare il “tutto esaurito” anche nei pronto soccorso per i problemi legati a caldo, soprattutto per i soggetti a rischio come bimbi e anziani.
“Disidratazione e insolazione sono i malesseri più diffusi – spiega a LiveSiciliaCatania Isabella Bartoli direttore responsabile 118 SUES Catania, Ragusa e Siracusa – i nostri centralini scottano. Nell’ultimo mese, come ogni anno, abbiamo assistito ad un aumento importante della popolazione, di conseguenza cresce il numero di interventi, circa 400 al giorno. I luoghi più comuni dai quali partono le telefonate sono spiagge e campagne – spiega – molti turisti e pendolari prendono il sole a tutte le ore e senza particolari accorgimenti, in questo periodo è importantissimo bere, per anziani e bambini soprattutto che dimenticano di farlo. Si tratta di semplici, ma sane abitudini che eviterebbero l’impiego di un mezzo di emergenza che magari potrebbe essere sfruttato per un intervento molto più urgente”.
Isabella Bortoli, coglie l’occasione per lanciare un appello e dare informazioni utili per affrontare i malori provocati dalle alte temperature. “Chiamare il 118 o recarsi in ospedale soltanto in casi di reale urgenza – sottolinea – Certamente bisogna consultare subito il proprio medico e idratarsi costantemente. I Pta, ovvero i presidi territoriali di assistenza sono delle risorse fondamentali, perfette e più che valide alternative ai pronto soccorso presi d’assalto e dove le attese di prolungano in casi di malori “banali” dovuti al caldo ai quali spesso viene dato codice bianco”.
I catanesi dal canto loro sono agguerriti e all’unisono lamentano carenza di personale e alle volte negligenza. Una visita nei tre maggiori pronto soccorso della città fa capire immediatamente gli animi della gente. Al pronto soccorso pediatrico salta alla vista un allegro papà giocare col suo vivacissimo bambino di quattro anni, non esita e racconta: “Sono in attesa di entrare da quasi tre ore. Ero venuto perché mio figlio aveva la febbre molto alta, ed era molto abbattuto. Abbiamo aspettato così tanto che si è ripreso da solo”.
Un paradosso che lascia l’amaro in bocca. Non tanto meglio va al pronto soccorso ostetrico dove il signor Enzo, seduto in sala d’attesa racconta: mia moglie ha accusato dei dolori addominali, dal pronto soccorso centrale mi hanno detto di venire qui in ostetricia, anche se non è in stato di gravidanza. “È entrata da circa un’ora e mezzo – racconta – da sola, e nessuno è uscito per informarmi, penso che occorrerebbe un po’ di umanità e cortesia in più”.
Drammi molto più importanti, invece, si vivono al pronto soccorso centrale. È un via vai di gente e mezzi. Qualche ambulanza, ma nessuna urgenza durante la nostra permanenza. Vicino la macchinetta del caffè, tappa solenne, la signora Patrizia si sfoga: “Mia nonna 86 anni, cardiopatica ha avuto un malore, ho paura per lei, perché non molto tempo fa sempre in questo ospedale è stata trattenuta in astenteria per due giorni. Situazioni vergognose, otto, dieci persone sofferenti in un’unica stanza. È indescrivibile, non ammucchierei così nemmeno dieci animali”. Conferma il disagio un’infermiera che a voce bassa prosegue: “Una volta un barbone ubriaco, è stato portato lì per una flebo. Il giorno dopo abbiamo trovato la barella sporca e vuota. Ha preferito la strada a quella situazione, nulla da biasimargli”.
A chiudere il cerchio Agata e Maria, sorelle. “Nonostante le attese interminabili abbiamo riscontrato personalmente che spesso per accelerare i tempi vengono date diagnosi affrettate. Ci siamo sentite dire “attacco di panico” pur manifestando sintomi diversi, in situazioni diverse, oggi io – spiega Maria ancora un po’ intontita – e un paio di mesi fa mia sorella”. “Una flebo e subito a casa – conclude Agata – che nessuno poi pianga sul latte versato quando si vivono tragedie di malasanità”.
La domanda allora sorge spontanea: le aziende ospedaliere catanesi sono capaci di gestire l’emergenza caldo? Salvatore Giuffrida direttore sanitario dell’ospedale Cannizzaro risponde alla difficile interrogativo assicurando la grande professionalità del personale medico e paramedico pronto ad affrontare ogni tipo di emergenza, anche tecnica. “Proprio oggi – racconta a LiveSiciliaCatania – abbiamo dovuto fare i conti con un sovraccumulo dei sistemi di refrigerio che ha provocato l’arresto dei condizionatori in alcune aree, problematica che abbiamo subito cercato di risolvere con l’intervento tempestivo dei tecnici. Dal punto di vista più strettamente legato all’assistenza dei pazienti, nonostante il periodo il Cannizzaro non ha occluso alcun reparto, tutti i posti letto sono messi a disposizione proprio per evitare sovraffollamenti o lunghe attese. Nei mesi scorsi abbiamo persino pianificato le ferie di tutti gli operatori proprio per garantire il massimo servizio a tutte le ore del giorno e della notte”.