PALERMO – Una casa, seppure in presenza di una sentenza di condanna penale per abusivismo, non può essere abbattuta se il proprietario ha fatto domanda di sanatoria. E senza accertare a che punto sia l’iter amministrativo.
Lo ha stabilito la Cassazione, accogliendo il ricorso dell’avvocato Salvino Pantuso per conto della proprietaria di una villetta a San Martino delle Scale, in territorio di Monreale. La padrona di casa, un decennio dopo essere stata condannata, ha avviato le pratiche per sistemare le cose.
Ad un certo punto, però, è arrivato l’ordine di demolizione. La Corte d’appello ha rigetto il ricorso del legale che si è rivolto ai supremi giudici spiegando che la richiesta di bloccare le ruspe era stata bocciata perché l’immobile non era stato ancora regolarizzato. Senza, però, approfondire “le eventuali ragioni sottese alla inerzia della pubblica amministrazione”.
Nel frattempo la proprietaria della villetta ha presentato istanza di condono edilizio, ha pagato dieci mila euro per gli oneri concessori e consegnato il certificato che scongiura il rischio idrogeologico. Insomma, secondo il legale, “sussistono tutti i presupposti per l’accoglimento della sanatoria”.
La Cassazione scrive ora nella sentenza che il giudice dell’esecuzione, “in presenza di un’istanza di condono o sanatoria successiva alla sentenza di condanna” deve accertare i possibili esiti e valutare i tempi della procedura amministrativa. Insomma, bisogna accertare perché l’iter amministrativo non si è concluso. Solo dopo si potrà dare esecuzione all’abbattimento e “in tempi brevi perché la tutela del territorio non può essere rinviata indefinitamente”.