Francesco Cascio scende in campo. Dopo settimane di silenzi e smentite, il presidente dell’Ars, a margine della visita a Palermo di Angelino Alfano, ha aperto alla possibilità di correre per la successione a Diego Cammarata. “Non posso escludere la candidatura, specie se il partito me lo chiede – ha detto il primo inquilino di Sala d’Ercole – anche se le difficoltà sarebbero tante”.
E in effetti, nel centrodestra regna la confusione: il quadro delle possibili alleanze per le prossime amministrative è ancora un rebus, intrecciato a doppio filo con le sorti del governo regionale. Ieri Carlo Vizzini non ha partecipato all’inaugurazione della nuova sede del Pdl e ha ribadito l’intenzione di creare una lista civica che, dicono i beninformati, potrebbe guardare a sinistra più che al Terzo polo. La candidatura di Roberto Lagalla sembra definitivamente tramontata e a questo punto i nomi sul tappeto non sono poi così tanti: Simona Vicari, Francesco Scoma e soprattutto Francesco Cascio. Il presidente dell’Ars punta a Palazzo d’Orleans ma, se questo dovesse andare a Gianfranco Micciché, non disdegnerebbe Villa Niscemi. Ma Alfano ha detto a chiare lettere che le primarie si faranno anche per la Regione: una mossa che non è piaciuta per niente al sottosegretario al Cipe, che in un’intervista a Repubblica si dice pronto a correre da solo e a guardarsi intorno, se il Pdl dovesse costringerlo ad andarsene: “Per me le primarie sono uno strumento sbagliato, sorrido quando sento parlare di farle di coalizione: di quale coalizione parliamo? Ancora non se ne conosce la composizione. E coinvolgeremmo solo gli iscritti? E’ chiaro che il Pdl ne ha di più”. Se l’asse Pdl-Fds dovesse rompersi, allora Cascio tornerebbe in pole position per la successione a Raffaele Lombardo.
Ma più di una voce vuole che il presidente dell’Ars sia anche pronto, più che a correre in prima persona per le comunali, a mettere un suo uomo di fiducia sulla poltrona di primo cittadino del capoluogo siciliano: si tratta del presidente del Coni Sicilia Massimo Costa, il cui nome sta riscuotendo sempre più consensi sia dentro che fuori il Pdl. Giovane, estraneo alla politica e abile diplomatico, potrebbe essere lui il nome a sorpresa delle primarie del centrodestra.
Come se il quadro non fosse già abbastanza confuso, ieri ci si è messo anche il presidente della Camera, Gianfranco Fini, a rendere la matassa ancora più ingarbugliata. Il leader di Fli, infatti, ha detto a chiare lettere che Giulia Bongiorno non è disponibile a candidarsi per Palermo e che il terzo polo, a differenza di Pd e Pdl, è pronto a dialogare a 360°, anche con Micciché se si staccherà da Berlusconi. Una dichiarazione che fa il paio con la visita a sorpresa di Lombardo al sottosegretario e che rende meno certa l’alleanza fra Mpa, Udc e Fli da un lato e Pd dall’altro. In casa democratica si sta consumando una lotta fratricida sul sostegno al governatore e sulle possibile alleanze in vista delle prossime elezioni amministrative e tutto fa supporre che, almeno per qualche mese, la situazione resterà assai fluida.
E in questo bailamme di dichiarazioni, smentite e scontri interni ai partiti e alle coalizioni, c’è un uomo che resta alla finestra e aspetta di conoscere il proprio futuro: parliamo del sindaco in carica, Diego Cammarata. Il primo cittadino, infatti, non vede l’ora di tagliare la corda e lasciarsi alle spalle una seconda sindacatura per niente facile o felice. L’ipotesi di una via di fuga dorata, magari alla guida di una Authority, perde sempre più peso e al primo cittadino non resta che sperare nelle elezioni anticipate per un posto alla Camera nel 2012. Ieri Cammarata ha avuto un breve colloquio con Angelino Alfano dal quale è emerso il nuovo ordine di scuderia: il sindaco resterà al suo posto, malgrado le resistenze dei tanti big del partito che temono che la poca popolarità di Cammarata possa affossare il prossimo candidato, impedendo di condurre una campagna improntata sulla discontinuità. Il presidente del Senato, Renato Schifani, vorrebbe infatti evitare che Lombardo mandi un commissario al comune in caso di dimissioni anticipate, il che regalerebbe al terzo polo la possibilità di fare il bello e il cattivo tempo in piena campagna elettorale. E visto che dovrà restare inchiodato su una sedia ormai incandescente, Cammarata ha deciso di giocarsi fino in fondo le sue carte cominciando una guerra senza quartiere contro il consiglio comunale, deciso ad avere voce in capitolo anche sulla scelta del suo successore.