Caso Ciancio: è scontro |tra La Sicilia e la Procura - Live Sicilia

Caso Ciancio: è scontro |tra La Sicilia e la Procura

Sale la tensione alle falde dell'Etna, Pietro Barcellona, editorialista de La Sicilia, mercoledì ha attaccato i magistrati che indagano su Ciancio accusandoli di "pressapochismo giudiziario". Oggi arriva la replica di Salvi. Enzo Musco, difensore dell'editore, aveva parlato di "lettura ideologicamente orientata" dei giudici. Mancano 135 giorni alla conclusione delle indagini. Sul mensile "S" in edicola da sabato intercettazioni, verbali inediti e la replica.

L'INCHIESTA SULL'EDITORE ETNEO
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CATANIA- Da quando il Gip Luigi Barone ha disposto la prosecuzione delle indagini su Mario Ciancio con l’accusa di concorso esterno e riciclaggio, alle falde dell’Etna si rincorrono boati e scosse che vengono percepiti anche a chilometri di distanza. Mentre il vulcano riposa, il terremoto prosegue ai piani alti dei palazzi del potere tanto che guardando la città è possibile tracciare una retta che congiunge il tribunale con il viale Odorico da Pordenone, sede de La Sicilia, epicentro dell’informazione e degli equilibri regionali.

Enzo Musco, legale di Ciancio, subito dopo l’ordine del Gip Luigi Barone, di continuare a indagare sull’editore catanese, aveva parlato di “lettura ideologicamente orientata dei fatti che sono emersi durante le indagini della magistratura”. “Ciancio -aggiungeva il legale- non ha avuto, neppur lontanamente, alcun rapporto con ambienti mafiosi o personaggi legati a associazioni mafiose e non ha compiuto alcuna attività di riciclaggio”.

Anche in quel caso,(LEGGI L’ARTICOLO) il procuratore Capo Giovanni Salvi, con un senso dell’Ufficio che non si era mai visto a Catania, aveva caricato sulle proprie spalle l’attacco, rispondendo con l’eleganza che da sempre lo contraddistingue: “La Procura della Repubblica di Catania – diceva Salvi- ribadisce un rispetto non formale per il Giudice per le indagini preliminari e per la sua decisione che costituisce un normale esercizio e il potere-dovere di controllo sulle indagini del pubblico ministero e sulle sue conclusioni e che, quindi, nulla ha a che vedere con orientamenti di carattere ideologico”.

La linea editoriale vista dalla Procura

Massimo Ciancimino, figlio di Don Vito, aveva parlato, interrogato dai pm etnei, della “supposta convinzione di Vito Ciancimino che la linea editoriale seguita da Mario Ciancio Sanfilippo fosse improntata ad un particolare favore nei confronti di Cosa Nostra catanese”. “Deve convenirsi -aveva ipotizzato il pm Fanara- che tutto ciò in linea teorica potrebbe costituire un contributo casuale al rafforzamento dell’associazione mafiosa”. Esaminando l’episodio della presunta visita del boss Pippo Ercolano, scomparso di recente, negli uffici di Ciancio, la pubblicazione della lettera di Vincenzo Santapaola detenuto al 41bis, e la censura del necrologio del commissario Beppe Montana ucciso dalla mafia, Fanara era giunto alla conclusione che “nella valutazione degli interessi in gioco”, è bene tenere presente l’esistenza “del diritto inviolabile di libera manifestazione del pensiero accompagnata dalla mancanza di casi eclatanti in cui la linea editoriale si sia espressamente pronunciata a favore di Cosa Nostra catanese oltre al fatto che non risulta provato che la linea editoriale sia stata comunque dettata con la coscienza e volontà di favorire l’associazione mafiosa e non con la coscienza e volontà di esprimere un’opinione”.

In pratica la Procura aveva escluso ogni possibile contestazione analizzando la linea editoriale del giornale. Di questo non si è accorto Pietro Barcellona, professore e intellettuale comunista sempre presente sulle colonne de La Sicilia, noto per gli attacchi alla trasmissione Report dopo la messa in onda dei Vicerè, e adesso più in forma che mai. “Apprendere -esordisce Barcellona con un editoriale sulla libertà d’informazione- da un comunicato dei giornalisti de La Sicilia ripreso dall’Ansa che il gup Luigi Barone, rigettando per la seconda volta la richiesta di archiviazione nei confronti dell’editore Mario Ciancio, richiede anche ulteriori accertamenti per verificare la linea editoriale del giornale favorevole ad esponenti di spicco di Cosa Nostra, non può che produrre una reazione indignata in chi come me collabora come editorialista da moltissimi anni con il giornale su indicato”.

L’intellettuale etneo scrive che “nella generale confusione dei linguaggi il gup (a lettera minuscola ndr), non abbia chiaro cosa vuol dire che la linea editoriale di un giornale è orientata a sostenere Cosa Nostra”. A questo proprosito Barcellona ricorda ai lettori di aver insegnato, di aver fatto “molta attività politica”, e di essersi esposto “personalmente” nella lotta a ogni possibile infiltrazione mafiosa. “Dovrei essere proprio uscito di senno -tuona il professore- per non essermi reso conto in tutti questi anni di aver collaborato con un giornale con una linea editoriale di favoreggiamento ad esponenti delle cosche mafiose”. Pietro Barcellona conclude sollecitando un “invito alla mobilitazione di tutti quanti pensano nel proprio ruolo di aver sempre combattuto a viso aperto la mafia”.

Al professore comunista hanno risposto da pochi minuti il procuratore Capo Giovanni Salvi, e il presidente del Tribunale Bruno Di Marco, sottolineando che “è doveroso precisare che alcun accertamento è stato mai disposto <<per verificare la linea editoriale del giornale>>. Ferma restando, poi, l’assoluta intangibilità e pienezza del diritto di critica, quanto all’asserzione di <<pressapochismo giudiziario>>, sarebbe più giusto affidare alla reale conoscenza degli atti i giudizi sulla serietà, sulla correttezza e sulla professionalità degli organi giudiziari”.

Sul mensile “S” in edicola da sabato 1 dicembre lo speciale su Mario Ciancio con tutti i verbali inediti di Angelo Siino, Massimo Ciancimino, le intercettazioni e la replica, punto per punto, di Enzo Musco, il legale dell’editore catanese.


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