Caso Ciancio, ora Catania trema |Barone:"Interrogate Scapagnini" - Live Sicilia

Caso Ciancio, ora Catania trema |Barone:”Interrogate Scapagnini”

La Procura ha 149 giorni di tempo per eseguire i minuziosi accertamenti che sono stati disposti dal Gip Luigi Barone. Grande incognita le intercettazioni nello studio di Mario Ciancio mentre divampa lo scontro tra difesa e magistrati.

Le accuse: Concorso esterno e riciclaggio
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CATANIA – Lo scossone è arrivato ben oltre le falde dell’Etna. Quando il Gip Barone, nella tarda mattinata, ha depositato il provvedimento che obbliga la Procura ad effettuare nuove indagini su Mario Ciancio, i principali pilastri che reggono il potere in Sicilia hanno iniziato a vacillare.

Non tanto perché tra gli indagati c’è il noto editore catanese, per il quale la Procura aveva chiesto l’archiviazione, quanto per il fatto che l’indagine su Ciancio racconta quello che è accaduto a Catania negli ultimi decenni.

Agli atti ci sono 6 mesi di intercettazioni effettuate, con le cimici della Guardia di Finanza, direttamente nello studio di Mario Ciancio, mentre entravano e uscivano rappresentanti del mondo della politica e imprenditoria provenienti da tutta Italia ed elementi di spicco della destra e della sinistra catanese, a cavallo delle politiche del 2008.

Uno dei pilastri dell’inchiesta passa da quella variante, figlia degli ultimi sospiri del primo governo Scapagnini, che ha dato il via all’incasso di 28milioni di euro da parte di Ciancio e dei suoi soci. Per Enzo Musco, il legale di fiducia di Ciancio, la mafia non c’entra, ma il Gip Barone vuole vederci chiaro. E per questo ha disposto che vengano sentite tutte le persone che sono state coinvolte nella variante, a partire dagli ex amministratori di palazzo degli Elefanti.

Il Gip Luigi Barone ha riesaminato tutti i 40 faldoni contenenti intercettazioni, verbali e interrogatori che la Procura ha raccolto negli ultimi anni ritenendo sussistere un “quadro chiaro” delle ipotesi investigative e degli indizi raccolti dal pm Antonino Fanara.

Quanto basta per edificare, nel giro di poche ore, un muro quasi invalicabile tra magistrati e avvocati della difesa.

La tensione è alle stelle. Enzo Musco, legale di Ciancio, ha ribattezzato, attraverso una nota diffusa dall’Ansa, il provvedimento di Barone come una “lettura ideologicamente orientata” dei fatti che sono emersi durante le indagini della magistratura. “Ciancio -ha aggiunto il legale- non ha avuto, neppur lontanamente, alcun rapporto con ambienti mafiosi o personaggi legati a associazioni mafiose e non ha compiuto alcuna attività di riciclaggio”.

Il procuratore Capo Giovanni Salvi ha caricato sulle proprie spalle, il peso di un’indagine dalle mille sfaccettature, che la Procura in questi anni ha portato avanti grazie al pm Antonino Fanara, titolare del procedimento. E la risposta a Musco, da parte di Salvi, non ha tardato ad arrivare. “La Procura della Repubblica di Catania – ha detto Salvi- ribadisce un rispetto non formale per il Giudice per le indagini preliminari e per la sua decisione che costituisce un normale esercizio e il potere-dovere di controllo sulle indagini del pubblico ministero e sulle sue conclusioni e che, quindi, nulla ha a che vedere con orientamenti di carattere ideologico”.

Adesso l’indagine è ad un nuovo punto di partenza: nei prossimi 149 giorni la Procura dovrà rivedere, alla luce delle indicazioni del Gip, i principali elementi dell’inchiesta.

A partire dalle dichiarazioni di Massimo Ciancimino, figlio di Don Vito, che ha parlato della “supposta convinzione di Vito Ciancimino che la linea editoriale seguita da Mario Ciancio Sanfilippo fosse improntata ad un particolare favore nei confronti di Cosa Nostra catanese”. “Deve convenirsi -aveva ipotizzato il pm Fanara- che tutto ciò in linea teorica potrebbe costituire un contributo casuale al rafforzamento dell’associazione mafiosa”. Esaminando l’episodio della presunta visita del boss Pippo Ercolano, scomparso di recente, negli uffici di Ciancio, la pubblicazione della lettera di Vincenzo Santapaola detenuto al 41bis, e la censura del necrologio del commissario Beppe Montana ucciso dalla mafia, Fanara era giunto alla conclusione che “nella valutazione degli interessi in gioco”, è bene tenere presente l’esistenza “del diritto inviolabile di libera manifestazione del pensiero accompagnata dalla mancanza di casi eclatanti in cui la linea editoriale si sia espressamente pronunciata a favore di Cosa Nostra catanese oltre al fatto che non risulta provato che la linea editoriale sia stata comunque dettata con la coscienza e volontà di favorire l’associazione mafiosa e non con la coscienza e volontà di esprimere un’opinione”.

Altro episodio chiave è il furto nella villa di Mario Ciancio, per il quale l’editore aveva stanziato una taglia da 50milioni di lire. Taglia che sarebbe stata riscossa da uomini vicini a Cosa Nostra. Agli atti dell’indagine ci sono le dichiarazioni rese da Ciancio in sede d’interrogatorio e i momenti in cui lo stesso è entrato in contraddizione, ma ha sempre smentito di essere stato in contatto con soggetti legati alla mafia.

Determinanti, per la decisione del Gip Barone, sono stati anche gli elementi emersi con l’inchiesta Iblis sulla realizzazione del villaggio degli americani che sarebbe stata sponsorizzata da Raffaele Lombardo e che avrebbe visto come realizzatore Vincenzo Basilotta, il re del movimento terra condannato in appello nel processo Dionisio con l’accusa di concorso esterno, sentenza che da poche ore è stata annullata con rinvio degli atti. Questo villaggio, è bene precisare, non è stato mai realizzato.

La carne al fuoco non manca, Musco ha ribadito la totale estraneità di Ciancio ad ogni contesto malavitoso. Il conto alla rovescia è iniziato: mancano 149 giorni.

 


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