Casolare conteso a Cinisi: condannato il figlio di Tano Badalamenti

Casolare conteso a Cinisi: condannato il figlio di don Tano Badalamenti

Leonardo Badalamenti
Esercizio arbitrario delle proprie ragioni e calunnia. Pena sospesa

La Prima sezione del Tribunale di Trapani, presieduta da Chiara Badalucco, ha condannato a un anno e sei mesi di carcere Leonardo Badalementi. La sentenza è di ieri, lunedì 10 marzo.

Il figlio del boss di Cinisi, a cui è stata concessa la sospensione condizionale della pena, era imputato per esercizio arbitrario delle proprie ragioni, invasioni di edificio e calunnia.

Il casolare intitolato a Felicia Impastato

La vicenda è legata alla contesa per il casolare oggi intitolato a Felicia Impastato, la mamma di Peppino, il militante di Democrazia proletaria ucciso su ordine di don Tano Badalamenti. L’anno scorso la Cassazione ha stabilito che l’immobile di contrada Uliveto (in paese conosciuta come “chianu di Napoli”) resta al Comune che però deve pagare 70 mila euro ai figli del mafioso.

Confisca per errore ma…

La confisca è frutto di un errore, dell’indicazione del numero sbagliato della particella da parte dei giudici che avevano disposto il provvedimento. Il casolare spettava agli eredi del mafioso ma, scrissero i supremi giudici, “è pacifico che fin dal 2010 il Comune di Cinisi avesse il possesso dell’immobile nel quale ha condotto attività di interesse sociale (oggi ospita “Casa Memoria Felicia Impastato”) senza che gli eredi di Gaetano Badalamenti facessero valere i loro diritti fino all’istanza del 2018″. Insomma era passato ormai troppo tempo.

Nel 2020 Leonardo Badalamenti, dopo avere reclamato la proprietà e non avendo avuto risposte dal Comune, sostituì le serrature della porta d’ingresso. Un atto contestato dall’allora sindaco Giangiacomo Palazzolo. Lo stesso Badalamenti ha denunciato il sindaco al commissariato di Castellammare del Golfo, accusandolo di non avere dolosamente eseguito l’ordinanza della Corte d’assise che aveva fatto emergere l’errore.

Badalamenti, secondo l’imputazione, sarebbe stato conoscenza che l’immobile da molti anni era stato trasferito al patrimonio del comune di Cinisi e che l’amministrazione aveva eseguito importanti lavori di ristrutturazione destinando il bene ad uso pubblico.

L’imputato ora condannato dovrà risarcire il Comune di Cinisi e il sindaco, parte civile al processo con l’assistenza dell’avvocato Paolo Grillo. La sentenza di primo grado sarà certamente appellata.


Partecipa al dibattito: commenta questo articolo

Segui LiveSicilia sui social


Ricevi le nostre ultime notizie da Google News: clicca su SEGUICI, poi nella nuova schermata clicca sul pulsante con la stella!
SEGUICI