CATANIA – Era stato collaboratore di giustizia Fabio Lanzafame. Una voce cancellata dal curriculum sul finire del 2022.
Il sequestro a Fabio Lanzafame
C’era un sistema ben collaudato dietro il sequestro complessivo da 40 milioni di euro condotto dalle fiamme gialle etnee nelle scorse ore. Un provvedimento di prevenzione che ha colpito diverse attività economiche. Beni mobili e immobili, conti correnti, somme in contanti. Tutto riconducibile proprio al 53enne.
“Patrimonio riconducibile anche per interposta persona, situati in Italia, nelle province di Catania, Siracusa e Gorizia, e in Romania, nelle città di Bucarest e Pitesti”, specificano gli investigatori.
Un sistema illegale che consente di eludere la normativa antiriciclaggio perché il cliente dell’agenzia maneggia solo denaro contante (sia per la giocata che per l’eventuale vincita) e nulla viene quindi tracciato.
Il modus operandi
Le piattaforme illegali assicurano, quindi, a tutti coloro che operano dei vantaggi illegali. I soggetti che fanno parte dell’organizzazione che gestisce sul territorio le giocate e l e vincite percepiscono delle provvigioni molto più alte rispetto a coloro che gestiscono il sistema legale. Il titolare dell’agenzia omette di fatturare mensilmente le commissioni, non paga imposte sugli utili percepiti e percepisce dal bookmaker una provvigione superiore rispetto a quella garantita da chi ha la concessione in Italia.
L’agenzia, inoltre, finisce con l’attrarre molti più clienti i quali in caso di vincita, percepiscono un importo più alto perché i bookmaker non pagano le imposte. Possono scommettere somme di importo anche molto elevato, pari a diverse migliaia di euro, eludendo la normativa antiriciclaggio, non avendo necessità che la somma giocata sia tracciata sui curcuiti bancari e finanziari.
Le accuse a Lanzafame
Lanzafame è stato riconosciuto, anzitutto, colpevole del reato di avere costituito un’associazione a delinquere finalizzata a commettere “i delitti di esercizio abusivo di attività di gioco e scommesse, di trasferimento fraudolento di valori, di intestazioni fittizie di imprese e società, di autoriciclaggio e riciclaggio delle somme derivanti dall’attività di raccolta illecita di giochi e scommesse a distanza.
L’organizzazione, in particolare, operava gestendo le società – in parte attive in Italia ed in parte stanziate all’estero dedite all’attività di giochi e scommesse a distanza, in concorso, tra gli altri, con Carmelo Placenti, Giuseppe Gabriele Placenti, Vincenzo Placenti e con l’aggravante di avere agito al fine di favorire la famiglia mafiosa catanese “Santapaola-Ercolano”, agevolando l’infiltrazione occulta di Cosa Nostra catanese nel mercato illegale dei giochi e scommesse a distanza.
Le intercettazioni
Gli investigatori piazzano una cimice anche sul suv di Lanzafame. Particolarmente chiara è una delle conversazioni intercettate dalla finanza. Il 53enne spiegava come potesse occultare una “grande quantità di denaro contante, sempre a rischio di sequestro: effettuare versamenti sino a mille curo al giorno – al fine di non essere identificato – così da riciclare fino ad un ammontare complessivo di 35 mila euro alla settimana”.
Ancora più eloquente l’intercettazione captata dagli inquirenti nella quale Lanzafame spiega al figlio come sia di fondamentale importanza convertire le liquidità di cui dispone in cryptovalute: “”Io tutto quello che posso avere in cryptomonete per me è oro in questo momento… Sto stato italiano di merda, mi ha distrutto tutto!”.
La Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Catania ha documentato gli affari illeciti ed il modus operandi. Per un sequestro da 40 milioni per il quale nei primi mesi del prossimo anno si comparirà davanti ai giudici.

