Catania, la moglie del boss: da contabile a paciere - Live Sicilia

Mafia, la moglie del boss: da contabile del clan a ‘paciere’ 

Il ruolo di Lucia Palmeri, consorte di Tony Nicotra, emerge nelle motivazioni della sentenza Gisella.
LA CELLULA DEI MAZZEI
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CATANIA –  L’emancipazione femminile nella mafia è sempre di più un dato acclarato da inchieste e sentenze. Le donne stanno prendendo un ruolo sempre più attivo nella criminalità organizzata. Forse una scelta obbligata vista la mano dura della giustizia inquirente. Ed è così che mogli, figlie e sorelle diventano ‘supplenti’ mentre i boss sono in carcere. Anche Lucia Palmeri, consorte di Tony Nicotra (figlio del defunto Mario e uomo di vertice del clan misterbianchese legato ai Mazzei) avrebbe avuto mansioni precise all’interno della cosca. È messo nero su bianco nelle motivazioni della sentenza del processo Gisella.

Per il Tribunale di Catania – che l’ha condannata a 12 anni di reclusione – la signora non può essere declinata a semplice “moglie di Tony Nicotra”. Il dibattimento proverebbe “la sua affiliazione”. La donna durante il periodo di detenzione del marito avrebbe “ricevuto i proventi delle attività illecite”. Il pentito Luciano Cavallaro racconta che Orazio Proto (citato in aula si è avvalso della facoltà di non rispondere) gli avrebbe consegnato 5 mila euro, somma che poi sarebbe stata divisa tra i componenti storici della cosca. “So solo che una volta, quando hanno arrestato a tutti nel 2012, che era per Natale, che Orazio Proto ha portato i soldi e glieli.. i soldi per Natale, gli ha portato – mi sembra – 5 mila euro glieli ha consegnati nelle mani a Lucia Palmeri… me l’ha detto Orazio Proto e Jonathan Pasqualino (vittima di lupara bianca, ndr)… [..] Li ha divisi a lei stessa per suo marito, a Tano Nicotra il grande, a Tano Nicotra il piccolo, a Pippo Avellino (deceduto lo scorso anno) e a Rivilli”.

Ma c’è una intercettazione che inguaia la donna: il 7 giugno 2016 Lucia Palmeri parla con un altro pezzo da novanta del clan Nino Rivilli di cifre e numeri. Per i giudici la donna “deteneva il quaderno contabile dell’associazione provvedendo coadiuvata da Rivilli (“l’abbiamo scritto insieme Nino”) alla tenuta della contabilità”. Quell’intercettazione – captata nella casa dei coniugi Nicotra – per i giudici di primo grado dimostrerebbe l’ingente disponibilità di denaro del clan. Rivilli: “Non si scappa Lucia, sono sessantacinque. Lucia, sessantacinque mila e ottanta, punto, sono qua, non si scappa, la matematica non è un opinione”.

Ma Lady Nicotra non sarebbe stata solo la ‘ragioniera’ della ‘famiglia mafiosa’, usando la sua ‘influenza femminile’ avrebbe cercato anche di fare da paciere nella fasi di “criticità della vita del sodalizio, assumendo un ruolo decisivo nella fase di fibrillazione per i contrasti insorti tra Nino Rivilli e Pippo Avellino”. Infine la donna sarebbe stata una sorta di “messaggera” del marito a cui avrebbe “portato i messaggi degli affiliati liberi. Inequivocabili per i giudici le parole pronunciate da Rivilli la vigilia di Natale del 2016: “Me lo hai salutato, gli hai dato un bacio? omissis… Lo hai salutato? Glielo hai detto? Tutte cose a posto? Tu gli devi che che … faglielo capire che stiamo andando d’accordo, mi raccomando!”. 

La difesa di Lucia Palmeri ha ridimensionato le intercettazioni fornendo una “lettura alternativa”. Il dialogo con Rivilli riguardava “questioni legate e precisamente la restituzione di somme ricevute dal Rivilli in prestito da Tony Nicotra (come riferito dallo stesso boss durante l’udienza dello scorso febbraio) e dalla consegna a Pippo Avellino e Gaetano Nicotra di somme derivanti dalla locazione di immobili di famiglia”. Ma ‘la lettura alternativa’ offerta dalla difesa per il Tribunale è “assolutamente forzata e in netto contrasto con il dato testuale delle conversazioni, oltre che con argomentazioni di tipo logico”. 

Per i giudici quelle conversazioni sono una sorta di prova regina (“formidabile rilevanza probatoria”) perché darebbero conto delle rilevanti somme entrate nelle casse del clan (“Perchè i soldi che sono entrati sono qua… non si scappa Lucia”). Il collegio inoltre pone l’accento sui dialoghi tra Rivilli e l’imputata: “lascia trasparire come Rivilli reputasse la donna un’intranea, verosimilmente l’alter ego del marito detenuto”.


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