Mafia, guerra Cursoti - Cappello |Due condanne per tentato omicidio - Live Sicilia

Mafia, guerra Cursoti – Cappello |Due condanne per tentato omicidio

Un agguato dai retroscena misteriosi quello ai danni di Orazio Pardo, avvenuto nel 2009. Il Gup Laura Benanti ha condannato Francesco Di Stefano e Ugo Angrì, mentre ha assolto il terzo imputato, Nicola Parisi. TUTTI I DETTAGLI 

Francesco Di Stefano, condannato a 12 anni

Roberto Angrì, condannato a 10 anni

CATANIA – Un regolamento di conti tra clan rivali. Orazio Pardo, la notte del primo ottobre 2009, è finito sotto una pioggia di pallottole solo perché Giovanni Colombrita, all’epoca reggente dei Cappello, non scese da casa. Il commando, all’ultimo momento,  cambiò bersaglio: ammazzare il “compare” del boss avrebbe significato lo stesso dare prova che i Cursoti Milanesi avevano pieno controllo della piazza di spaccio di Corso Indipendenza e, soprattutto, che certe estorsioni erano “roba” di Francesco Di Stefano. Il commando armato agì, crivellando di colpi la smart con Orazio Pardo. Il suo guardaspalle Salvatore Liotta gli salvò la vita, facendo da scudo con il motorino, e permettendo al “compare” di Colombrita di trovare riparo nella sua abitazione. I due rimasero feriti: Pardo al ginocchio, Liotta al piede destro. Le cure mediche furono fatte “in casa”: quel fatto di sangue non fu mai denunciato alle forze dell’ordine. La procura, però, grazie alle indagini della Squadra Mobile scoprì il tentato omicidio e, pochi mesi fa,  ha mandato alla sbarra tre persone: Ugo Rosario Angrì, 37 anni, detto “Saru a tigre”,  Francesco Di Stefano (Ciccio pasta ca sassa), 41 anni e Nicola Cristian Parisi, 36 anni. Il processo, svolto con il rito abbreviato, si è concluso con due condanne per Angrì e Di Stefano, e la piena assoluzione per Parisi.

Nicola Christian Parisi, assolto per non aver commesso il fatto

LA SENTENZA – Il Gup Laura Benanti ha condannato Francesco Di Stefano alla pena di dodici anni di reclusione e Ugo Rosario Angrì alla pena di anni dieci di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali e di custodia cautelare. Il Giudice per le Udienze Preliminari ha dichiarato i due imputati interdetti in perpetuo dai pubblici uffici e legalmente per la durata della pena. Nicola Cristian Parisi è stato assolto con la formula “per non aver commesso il fatto”.

L’INCHIESTA – Una storia investigativa lunga quella che precede il processo per il tentato omicidio di Orazio Pardo. Due sono le ordinanze di custodia cautelare in carcere che hanno per oggetto l’agguato ai due presunti esponenti dei Cappello. Il pilastro fondante di tutta l’indagine è l’inchiesta Revenge, condotta dalla Squadra Mobile quattro anni fa con il coordinamento della Direzione Investigativa Antimafia, che squarcia gli equilibri della cosca Cappello e disarticola i vertici. Alcuni di loro iniziano a collaborare con la giustizia: Vincenzo Pettinati, Eugenio Sturiale, Gaetano D’Aquino e Gaetano Musumeci. I pentiti sono chiari: nel 2009 era in corso una faida tra i clan Cursoti Milanesi e Cappello Bonaccorsi che si è infiammata a causa del pizzo preteso da un imprenditore edile da tutti e due i presunti reggenti contrapposti. Da qui sarebbe stato progettato il tentato omicidio. Nell’ottobre del 2011 fu emessa una prima ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di Francesco Di Stefano, Cristian Nicola Parisi e il 29enne Michele Musumeci. Il provvedimento, però, fu annullato dal tribunale del Riesame che riteneva insufficienti le dichiarazioni dei “pentiti” in quanto avevano appreso del tentato omicidio dalla stessa vittima, e quindi, erano state rese de relato, cioè in maniera non diretta.

LE RIVELAZIONI DI MUSUMECI– La svolta arriva con le dichiarazioni di uno degli indagati. Michele Musumeci, ad aprile 2012, inizia a collaborare con la magistratura e racconta ai pm nuovamente i particolari dell’agguato, questa volta non per sentito dire, ma perché vi aveva partecipato personalmente. Il giovane Michele Musumeci spiega i retroscena di quella che poteva sfociare in una sanguinosa guerra di mafia e non solo per l’estorsione contesa. “Questo è stato una scintilla finale – racconta ai pm – , perché prima c’era il fatto per la piazza del corso Indipendenza”. Insomma Corso Indipendenza rappresentava il motivo basilare del contendere tra Giovanni Colombrita, ritenuto capo dei Cappello e Francesco Di Stefano dei Cursoti Milanesi. Una piazza, come dimostrano diverse inchieste, che poteva far lucrare fino a 6 mila euro in un solo weekend. La miccia che fa esplodere i “nervi” a Francesco Di Stefano è l’incasso del pizzo da parte di un costruttore edile che Colombrita, aveva fatto sapere ai Cursoti, era “roba” sua. A quel punto scattò il progetto omicida nei confronti del capo dei Cappello. Ma come racconta Musumeci qualcosa fece saltare il piano. “Si doveva colpire Giovanni Colombrita, – spiega –  ma Giovanni Colombrita da casa non scendeva….”  Il commando composto da due macchine – racconta sempre Michele Musumeci – decide di andarsene e per “una casualità” si imbatte in Orazio Pardo: che si sapeva era “compare” di Colombrita, seguito da Turi Leotta. Le indicazioni – secondo il collaboratore di giustizia erano precise: “ci interessava proprio prendere o Giovanni Colombrita…poi se capitava anche a Orazio Pardo”. Un miracolo sembra salvare Pardo:  “Noi come pensavamo – dichiara Musumeci – “ma chistu comu si savvau! Questo come si savvau?!” in base alla macchina com’era, che ce l’avevano raccontato com’era combinata la Smart, si è salvato perché addosso aveva, usava, un giubotto antiproiettili…” Musumeci chiude il cerchio e la Dda ha riformulato una seconda richiesta di custodia cautelare in carcere, indicando anche Ugo Angrì che avrebbe messo a disposizione la vettura poi utilizzata dai killer, partecipando all’agguato a distanza. Il 12 aprile la Squadra Mobile ha notificato ai tre i provvedimenti restrittivi. Ad un anno e due mesi di distanza ecco arrivata la sentenza: Parisi, però, per il giudice è innocente.


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