CATANIA – È il finire del 2021. E Federico Giosuè Livoti e Francesco Di Benedetto, intercettati, commentano l’appena scampato pericolo di essere scoperti dopo il controllo effettuato dai militari al numero 12 di viale Nitta.
LIVOTI: “Muto…muto. Quanto voglio bene a te mi sono salvato per un secondo…”
DI BENEDETTO: “Ma cosa muto, muto che mi stavano arrestando, Federico!?”
LIVOTI: “Muto! (incomprensibile)”
DI BENEDETTO: “(incomprensibile) La porta?”
LIVOTI: “Gli ho chiuso la porta in faccia. Non l’hai visto?
DI BENEDETTO: “Me l’hanno spinta con le mani per aprirla”.
Il Vampiro
Tuttavia, a capo dell’organizzazione criminale azzerata con l’Operazione Sottosopra dai carabinieri della Compagnia di Fontanarossa, c’era un altro Livoti: il fratello 37enne Santo che è pittorescamente soprannominato Vampiro. Era lui, così come già raccontato, ad essere al soldo del boss Lorenzo Saitta, rinchiuso in carcere a Napoli ma capace di impartire ordini attraverso un telefono cellulare in suo possesso.
Il realtà quel pecco “Vampiro” è attribuito alla famiglia Livoti così come spiega Filippo Scordino arrestato nel febbraio del 2021 e divenuto collaboratore di giustizia il luglio successivo.
Livoti e i cugini di “Scheletro”, gestivano una piazza di spaccio di cocaina e crack, precisando che Federico Livoti inizialmente spacciava per il cosiddetto gruppo dei “nani” al Villaggio Sant’Agata, da cui poi si era affrancato avvicinandosi al fratello “Melo” dal che operava nell’interesse di Salvuccio Scheletro, esponente del gruppo Santapaola di San Cocimo). Con lui aveva organizzato una piazza di spaccio di crack e cocaina in un appartamento dotato di telecamere e porta blindata: sotto i portici di viale Nitta era operativa la piazza di spaccio di marijuana e shunk gestita da Antony Spampinato.
Business da 15 mila euro al giorno
Al viale Nitta 12 c’erano tre poli di spaccio per un’unica attività organizzata capace di macinare 15 mila euro al giorno: due assegnati alle più rischiose cessioni di cocaina effettuate infatti direttamente all’interno degli appartamenti e uno in cui avveniva la cessione di droghe leggere sulla strada. La conformazione sopraelevata del complesso edilizio consentiva l’immediata visione di coloro che arrivavano. Tutti e tre i poli facenti capo, direttamente o indirettamente, ai fratelli Livoti e nei quali ruolo di rilievo era ricoperto anche da Anthony Carmelo Spampinato e che con Federico Livoti era spesso ripreso insieme nelle zone dello spaccio, col quale si scambiava anche alcune informazioni telefoniche relative soprattutto alla presenza di forze dell’ordine.
La droga era “una fettina per quattro”
Singolare il modo col quale veniva ordinata la droga che al telefono diventava“una fettina per quattro amici” oppure “una lampadina da quaranta watt”. Era il 54enne Antonino Capizzi che si occupava di custodire la droga appena acquistata in luogo sicuro ancor prima della sua suddivisione in dosi e, poi, di portarla al viale Nitta per il successivo spaccio non appena se ne manifestava la necessità, mettendosi a completa disposizione dei fratelli Santo e Federico Livoti. E bastava solo dire “mi servi” perchè Capizzi capisse ciò che serviva: quella droga che veniva definita “sigarette”, “cibo da cane”, “porzione di riso”, “benzina per il motorino”.