C'è chi piange e c'è chi ride... | Palermo, la strana morte del calcio - Live Sicilia

C’è chi piange e c’è chi ride… | Palermo, la strana morte del calcio

Maurizio Zamparini

La squadra rosanero se ne va in silenzio. Perché? Proviamo a rispondere.

Il dramma sportivo
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3 min di lettura

Muore piano piano il calcio a Palermo. E se c’è da lodare la compostezza degli animi che non devono mai infiammarsi troppo, al tempo stesso si resta stupiti nel cogliere l’indifferenza di molti, se non di tutti. Non cadono lacrime, tra i social e il cielo, se non il pianto sincero di sparuti appassionati e di qualche vecchio leone della curva. Gli altri è come se non ci fossero. Dormono, forse.

Il calcio come l’abbiamo assaporato a Palermo è morto, questa, intanto, l’esattezza del dramma, ora che la ratifica della Figc è arrivata. Non c’era nessuno che davvero sperasse in un miracolo, ma diversa appare la posizione di chi attende un male certo e di chi certamente lo sperimenta.

Perché tanta superficialità? Perché un fatto comunque gravissimo non è diventato un sincero dolore cittadino come sarebbe stato prevedibile? La famosa radiazione degli anni Ottanta – per ciò che si ricorda e che viene narrato – ebbe un’eco più pesante e c’erano persone che si battevano seriamente il petto al corteo funebre dell’allora società rosanero.

Si possono tracciare disegni, riunificare ipotesi, abbozzare soluzioni all’enigma. Nessuna delle strade porta a una conclusione che lasci sperar qualcosa.

Il Palermo muore in silenzio perché, calcisticamente, era defunto da anni. Sappiamo che la sua storia recente è pervasa di circostanze che sono al vaglio della magistratura su cui è necessario mantenere la prudenza. Nel frattempo, lampeggia la cronaca di uno scollamento almeno dalla famosa finale di Coppa Italia. Promesse deluse. Illusioni spezzate. Sogni andati a male. I tifosi – specialmente quelli rosanero – non vogliono vincere per forza, tutta la loro passione dimostra un amore incondizionato. Ma il tifoso reagisce male quando si sente tradito e di occasioni non ne sono mancate nel vorticare di presunti padroni dal nome esotico. Così, l’inizialmente onirica epopea di Zamparini si è via via prosciugata tra lo scetticismo e lo sconcerto. Si è consumata, consumando la fede di un popolo che oggi non vuole patire perché ha già dato. Un evidente caso di sfinimento sentimentale.

Ma il Palermo muore in silenzio anche perché la città che dovrebbe commemorarlo non esiste. Ci sono spizzichi e bocconi di municipalità; ognuna è terra straniera per l’altra. I ricchi non sono i poveri. I figli dello Zen, per quanto vivaci e intelligentissimi, non percorreranno mai le stesse strade dei figli di via Libertà, intelligentissimi e vivaci. C’era un misterioso mastice che teneva insieme contesti e biografie irriducibili e che ci faceva sentire figli di stelle vicine. Adesso non c’è più. E’ evaporato sotto gli ultimi colpi di giorni difficili. Ecco perché non si vede una città compatta a reggere le spoglie della sua squadra. Ecco perché non stiamo vivendo un lutto condiviso.

Ma il Palermo muore in silenzio pure perché i nemici della contentezza hanno dimora qui da secoli. Ci sono cittadini in-visibilmente soddisfatti. Non lo proclamano nei bar. Eppure, li conforta la catastrofe pallonara. Se straperdere è destino comune quaggiù, perché mai dovremmo sforzarci di migliorare?

Ma questo Palermo che muore un giorno rinascerà e pazienza se i suoi primi passi saranno impolverati, sudati. Rinascerà il Palermo e sarà ancora bello amarlo. E – che ci crediate o non, adesso, nel momento del distacco – noi saremo di nuovo felici.


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