PALERMO – E’ stato l’episodio culmine di una serie di risse, ritorsioni e aggressioni negli ambienti della “malamovida” palermitana. Ma sull’omicidio di Lino Celesia alla discoteca Notr3 di via Pasquale Calvi si allunga adesso l’ombra di una guerra tra bande per la supremazia del mercato della droga e del ‘controllo’ di alcuni locali notturni del capoluogo. Da una parte ci sarebbe il gruppo del Borgo Vecchio, dall’altra quello del Cep, quartiere di origine della vittima. Sono queste le ipotesi investigative a cui gli uomini della Mobile, coordinati dal procuratore Maurizio de Lucia, dall’aggiunto Ennio Petrigni e dalla procuratrice per i minorenni Claudia Caramanna stanno lavorando nelle ultime ore per fare piena luce su cosa è accaduto nella notte tra mercoledì 20 e giovedì 21 dicembre.
Per l’omicidio sono in stato di fermo M.O., di 17 anni, e il fratello maggiore G.O, di 23. Il più piccolo dei due ha raccontato di aver sparato dopo che il fratello è stato aggredito proprio da Celesia e che avrebbe comprato la pistola a Ballarò, dopo una lite avvenuta un mese prima dell’omicidio alla Vucciria. In quella rissa avrebbe avuto la peggio G.O., il fratello maggiorenne. In un video agli atti dell’inchiesta ci sarebbe un audio che farebbe cadere l’ipotesi iniziale secondo cui la versione fornita dal minorenne, reo confesso subito dopo essersi costituito, fosse stata resa per coprire il fratello. Dall’audio si evincerebbe che a sparare all’ex calciatore di 22 anni sarebbe stato proprio il minorenne.
Gli inquirenti scandagliano immagini e frame delle telecamere di sicurezza della discoteca e all’esterno del locale per cercare nuovi dettagli e aggiungere tasselli al mosaico investigativo. E si fa strada anche l’ipotesi della premeditazione dell’omicidio: perchè andare armati a una serata danzante prenatalizia? E’ la domanda a cui poliziotti e magistrati stanno cercando di rispondere. La versione fornita dal minorenne fermato, secondo cui si sentiva minacciato dopo una violenta rissa alla Vucciria nelle settimane precedenti, non convince del tutto. E ad alimentare i sospetti c’è anche il fatto che la pistola con cui è stato ucciso Lino Celesia non era l’unica quella sera dentro la discoteca di via Calvi. Ce n’era un’altra, a salve, in possesso del fratello maggiore, oltre a un tirapugni trovato sull’asfalto all’esterno della discoteca. Un armamento spropositato per un “semplice”, seppur agghiacciante, round della rissa alla Vucciria.
Il quadro investigativo è reso ancora più complesso dal muro di omertà che gli inquirenti si sono trovati di fronte sin dal primo momento delle indagini successive al delitto. Inquietante è, infatti, l’alterazione della scena del crimine con acqua e detersivo per togliere le tracce di sangue della vittima, così come inquietanti sono le “non dichiarazioni” di alcuni addetti alla sicurezza del locale che, interrogati dai poliziotti della volante giunta in via Calvi pochi minuti dopo l’omicidio, hanno negato che fosse successo “qualcosa di rilevante”.