PALERMO – Emilio Arcuri, il vicesindaco di Palermo, è stato in questi anni il nome solido della squadra di Leoluca Orlando. Quasi alla vigilia delle elezioni comunali in molti non possono fare a meno di chiedersi che segno abbia lasciato il fedelissimo del sindaco Orlando. Quando il Professore nel 2012 riconquistava Palazzo delle Aquile il nome di Arcuri era ancora legato all’Amg, l’azienda del gas e degli impianti di illuminazione di Palermo. Fino a quando, dopo appena due anni, Orlando non ha avuto di nuovo bisogno di lui per ricostruire una squadra di governo nelle intenzioni del sindaco più efficace di quella originaria. Arcuri fu chiamato in giunta per prendere il posto di Agata Bazzi al Territorio e per sostituire Cesare La Piana come vicesindaco. Il sindaco ha deciso di condividere con lui i fardelli e le grane più pesanti.
Emilio Arcuri, il nome maggiormente rappresentativo della Primavera orlandiana degli anni ’90, era già stato il numero due a palazzo della Aquile per ben sette anni, nel 2014 è stato in un attimo ricatapultato nel vortice amministrativo. L’uomo di fiducia di Orlando ha dovuto subito fare i conti con un’eredità controversa: quella di Cammarata. “Una storia da riscrivere completamente” diceva subito dopo il suo insediamento. Gli appalti per i lavori pubblici, i problemi dei lavori dell’anello e del passante ferroviario, il tram, i crolli nel centro storico, le proteste degli edili. Monte Pellegrino e Monte Gallo che perdono pezzi, la lotta all’abusivismo edilizio. “Sono stati anni certamente complessi – spiega Arcuri – ma sono sicuro di non dire una bugia quando affermo che questa amministrazione ha lasciato un segno nella città che durerà negli anni”. Il vicesindaco si intesta un risultato in termini di efficienza quando, arrivato in giunta, ha preso sotto la sua ala e unito in un unico luogo progettazione e manutenzione nell’ambito della riqualificazione urbana e infrastrutture: “Abbiamo portato avanti un lavoro certosino di recupero di risorse tra bandi e fondi dimenticati e nuovi finanziamenti – racconta Arcuri – abbiamo cercato di risolvere delle criticità ataviche di questa città, dalle periferie al centro storico”.
Un fiume di fondi pubblici impiegati o da impiegare dei quali Arcuri ha deciso il destino: era il 2015 quando presentò il suo piano triennale per le opere pubbliche per un totale di 4 miliardi di euro da impiegare in settecento interventi. Il piano comprendeva, per esempio, quasi 13 milioni di euro per il recupero del centro storico, 206 milioni per il piano rischio idraulico, grazie al quale “in tre anni Palermo non si allagherà più ogni volta che piove” promettevano Orlando e il suo vice, 70 milioni per il ripristino delle fognature, altri 15 milioni per recuperare monte Pellegrino.
Cifre a caso quelle annunciate da Emilio Arcuri in questi anni o davvero investiti per opere concrete che hanno migliorato le infrastrutture palermitane? Di certo c’è che la progettazione e l’effettiva realizzazione sono due cose ben diverse soprattutto in tempo di crisi. Buona parte di quei fondi indispensabili e prontamente disponibili sono arrivati, infatti, solo lo scorso novembre, quando l’ex premier Matteo Renzi siglò ufficialmente il Patto per Palermo stanziando più di 600 milioni di euro. E’ evidente però che non si può certo stendere un ideale tappeto per nascondere la polvere di Palermo, emergenze che segnano, quelle sì, da troppo tempo il volto della città: gli allagamenti puntuali ogni volta che piove, Mondello in primis, i cantieri dell’anello ferroviario che avrebbero dovuto concludersi quest’anno e che invece sono ancora lì con una presunta data di fine lavori slittata al 2018, tra le proteste feroci di cittadini e commercianti delle zone interessate dai cantieri. Il passante ferroviario è praticamente fermo, si parlava addirittura di abbandonare e azzerare tutto, arricchendo l’elenco siciliano di opere incompiute.
Il lavoro di manutenzione e ripristino di siti importanti del centro storico, invece, è stato portato avanti, anche a costo di non poche proteste da parte dei cittadini e commercianti più o meno in regola. “La nostra priorità è la sicurezza dei cittadini e la protezione dei siti storici – afferma il vicesindaco – e con queste priorità abbiamo portato avanti anche i progetti e i lavori di manutenzione delle scuole e il rischio idraulico e fognario della città e le frane dei monti che circondano Palermo”.
Ma allora di chi è la responsabilità di tutto quello che non è stato fatto, dei lavori non cominciati e di quelli che procedono fortemente a rilento? “Qui nessuno vuole giocare allo scarica barile, ma per quanto riguarda per esempio i cantieri dell’anello e del passante ferroviario, la ditta appaltatrice è Rete ferroviaria italiana, il Comune si occupa solo della gestione dell’occupazione del suolo pubblico e della concessione delle aree di cantiere a chi opera fisicamente. Altra questione controversa è quella della manutenzione degli edifici del centro storico – continua Arcuri – nessuno sa che molte costruzioni appartengono a privati, proprietari che non pensano alla manutenzione delle loro proprietà fino a ridurle in uno stato di pericolosità e di rischio crollo.
Poi, per quanto riguarda l’emergenza idraulica, mentre da un lato abbiamo concluso i lavori a Partanna Mondello e in via Messina marine, su Mondello non siamo ancora potuti intervenire. La Regione non stanzia i fondi per questo progetto e noi non possiamo fare altro che sollecitare e protestare. Tutto questo mentre i cittadini incolpano l’amministrazione comunale, anche quando la responsabilità non è direttamente nostra”. Parte dei fondi del Patto di Palermo, assicura il vicesindaco, sono già stati stanziati per interventi specifici: “Ci occuperemo del restauro del teatro Massimo, manutenzione del percorso Arabo Normanno e di strutture scolastiche – afferma Arcuri – inoltre verranno impiegati anche per mettere in sicurezza Monte Pellegrino e Monte Gallo”.