Ventitré anni fa, c’era una scuola a piazza Croci, a Palermo: il liceo classico “Giovanni Meli”. E c’era una fermata d’autobus. I ragazzi non si preoccupavano troppo del percorso che bisognava affrontare per arrivare dal portone alla pensilina verde.
Per passare dalla stanchezza delle lezioni di latino, dallo sfiancante ritmo di Rosa rosae… alla promessa del ritorno a casa sull’autobus “4” affollato fino all’inverosimile. Quel giorno – era il 25 novembre del 1985 – la storia sembrava la stessa. Sì, la stessa storia normale di sempre. Il ritorno a casa, il pranzo con i genitori, i compiti, gli amici, le cotte, la sera, lo zaino per il giorno dopo. Qualcuno sentì un sibilo di sirena in lontananza e non si preoccupò troppo. In fondo, era normale che le macchine di scorta ai magistrati sfrecciassero in via Libertà. Qualcuno si sporse sulla strada, dalla fermata, per scorgere la sagoma dell’autobus. Una macchina di scorta ai giudici Leonardo Guarnotta e Paolo Borsellino, guidata da un carabiniere, carambolò su un’altra auto all’incrocio e finì la sua corsa nel cuore della fermata. Biagio Siciliano, un ragazzo della IV D, morì quasi subito. Maria Giuditta Milella, della IIIB, spirò in ospedale, giorni dopo. Biagio era figlio di Nicola che faceva l’operaio e di Maria Stella. Maria Giuditta era figlia di Carlo, vicequestore, e di Francesca. Seguirono giorni convulsi. Guarnotta e Borsellino straziati dall’incidente e dal senso di colpa. I funerali, la rabbia della gente. Chi scrive, quel giorno, era alla fermata come tanti. E si salvò per un caso. Ora, è rimasta soltanto una targa, con un mazzo di fiori, alla fermata di piazza Croci. E al posto della scuola c’è una banca.