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Chiedi chi era Di Cicco

Amarcord
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Mi sono seduto al solito posto di combattimento da trasferta: il lato sinistro del divano piccolo del soggiorno. Quello accanto al tavolino con l’abat-jour. Ho acceso la televisione su SKY, canale 253. Ore 20,45: Novara-Palermo, recupero della prima giornata di campionato. L’allenatore non è più Pioli, cacciato dopo l’umiliante sconfitta nell’amichevole di Napoli. E non è neppure Mangia: il sostituto è già stato sostituito. In panchina è arrivato Lino Mutti: l’ultimo allenatore dell’era pre-Zamparini che diviene l’ultimo esonerando dell’era Zamparini. Inquadrano la panchina mentre lui comanda la squadra. Ma guarda chi c’è. E’ invecchiato, ma riconosco i suoi occhi e il suo nasone. Ma sì che è lui: il grande Mauro Di Cicco.

E’ tornato a Palermo in silenzio. Secondo il suo stile. Esattamente come arrivò in quella sera dell’estate nel ’76 in cui avevo portato la mia ragazza a mangiare il risotto alla marinara da Mondello da Sympathy. Il locale era stracolmo. In piedi in mezzo alla sala, un ragazzo dall’aria un po’ triste chiedeva di cenare e filare in albergo. Si avvicina il proprietario che confida sulla mia “malattia”: “Scusa Mario. So che non è bello. Ma qui c’è un nuovo giocatore del Palermo che è venuto per le visite e domani si deve alzare presto. Non ho altri tavoli. Non è che….”. Anche se fa caldo, il gelo scende con la mia lei: “Ma certo: che domande. Dove si mangia in due si mangia anche in tre. Prego, si accomodi qui. Come si chiama ?”. “Grazie. Scusatemi, vi disturbo solo per dieci minuti. Mi chiamo Mauro Di Cicco”. E figurati se già non conoscevo di lui vita, morte e miracoli. Anche se veniva dalla SPAL e prima aveva giocato solo nel Sora e nella Puteolana.

Mauro Di Cicco è una di quelle bandiere che nel calcio di oggi non esistono più. Giocò nel Palermo per otto anni di fila in oltre trecento partite, tra cui la seconda maledetta finale della Coppa maledetta. Era uno stopper duro, ma pulito e corretto; veloce nel contrasto e svettante sulle palle alte. Era una colonna della squadra di Renna del campionato 81-82, forse il Palermo che amo di più: Oddi, Volpecina, Pasciullo, Vailati, Di Cicco, Silipo; Gasperini, De Stefanis, De Rosa, Lopez, Montesano. Di Cicco era un modello di serietà: mai una parola fuori posto, mai una polemica. Una specie di Beppe Biava dei miei anni più belli. Nel 2007, l’edizione locale di Repubblica promosse un referendum tra i giornalisti per designare il Palermo ideale di tutti i tempi. Ebbene: accanto a campioni del mondo come Causio, Toni, Grosso e Barzagli e a stelle del calibro di Burgnich e Benetti, a coprire il ruolo di difensore centrale fu eletto proprio Mauro Di Cicco. Un calciatore il cui curriculum non rende merito alla straordinaria cifra tecnica e umana.

E adesso mi rivolgo a te, giovane tifoso di questo SKY-fo di calcio moderno. A te che corri su You Tube a vedere i filmati quando il dilettante di turno spara lì a caso il primo nome che gli viene in testa. A te che alla presentazione del mercenario di giornata ti bevi il solito “Sognavo questa maglia” per poi scoprire che la loro “maglia dei sogni” ha colori sempre diversi. Sappi che il calcio non è stato sempre così. Ai miei tempi un calciatore poteva indossare la stessa maglia per otto anni filati e il mercato non durava tutto l’anno. E se vuoi sapere come era il calcio ai miei tempi, devi solo chiedere. Ecco, mio giovane amico, chiedi chi era Di Cicco.

Bentornato a casa, grande Mauro. E ricorda che mi devi ancora un risotto.

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