PALERMO – Scintille a mezzo stampa fra Roberto Scarpinato e il vescovo Salvatore Di Cristina. Un argomentare dai toni forti quello che nasce dalle pagine di Micromega, dove il procuratore generale presso la Corte d’Appello di Caltanissetta ed il vescovo di Mazara del Vallo, Domenico Mogavero avevano discusso del rapporto fra mafia e Chiesa.
“La Chiesa gerarchica e la Chiesa di Dio”, questo il titolo del dialogo pubblicato dalla rivista diretta da Paolo Flores d’Arcais. Alcune battute della conversazione che lo riguardavano non sono andate giù a Salvatore Di Cristina, vescovo di Monreale, che ha risposto con una lunga lettera. L’ecclesiastico ritiene infatti che Scarpinato gli abbia attribuito “una collocazione ingiusta”. E si difende da quelli che, secondo lui, sono stati “tre capi d’imputazione”. La polemica sull’omelia fatta da Di Cristina è montata già il giorno dei funerali di Placido Rizzotto, mentre Scarpinato l’ha rilanciata qualche settimana fa. La critica più dura è legata al fatto che Di Cristina durante l’omelia non ha mai pronunciato la parola mafia, a presunta testimonianza di un atteggiamento morbido di parti del mondo ecclesiastico verso Cosa nostra. Altre due sottolineature, che in realtà ricalcano la principale “imputazione” , sono la storpiatura del nome di Rizzotto ed il mancato intervento di don Ciotti.
“Degli addebiti che mi vengono attribuiti dal dottor Scarpinato – risponde Di Cristina – uno solo è quello che posso riconoscere come rispondente a verità: quello riguardante il cognome di Placido Rizzotto. Gli altri due sono nei fatti e nella loro artata interpretazione, destituiti di valido fondamento”. Il rammarico per un “errore di lettura” è motivo di profondo disagio per l’ecclesiastico: “Non mi lasciò dormire per più notti e per il quale andai a porgere scuse alla cara sorella di Placido e agli altri familiari nella loro casa”. In merito al mancato intervento di don Ciotti invece Di Cristina sottolinea come il protocollo del funerale non sia stato di sua competenza. “A me per primo è stata imposta, sia pure con garbo, la durata della celebrazione e quella della mia omelia”.
Per il vescovo di Monreale il non aver utilizzato il termine mafia non significa aver ignorato il tema, oltre tutto in un giorno particolarmente significativo come quello in cui, dopo 64 anni, si celebravano i funerali del sindacalista. “Ci sono i miei trascorsi a parlare di me e del mio rapporto con la mafia. E sono trascorsi sostanziati di interventi pubblici, in massima parte non scritti, ma anche scritti, alcuni anche pubblicati. Nell’archivio del mio pc ho potuto contare quarantatre documenti, datati agli ultimi dieci anni, relativi ai miei pronunciamenti sulla mafia”. Di Cristina sbandiera anche la propria amicizia con padre Pino Puglisi, e i vari interventi fatti in sua memoria in diverse occasioni.
Infine Di Cristina smentisce una voce, che in realtà non ha altri bisbigliatori. “Mi si dice che potrei essere stato avvicinato, ossia che potrei essere stato sottoposto a intimidazione. Nessuna intimidazione e di alcun genere potrebbe farmi barattare l’onorabilità di vescovo della Chiesa e la mia stessa vita”.