Occorre introdurre nel nostro ordinamento giuridico la mozione di sfiducia popolare nei confronti del presidente della Regione, discutiamo sulle modalità d’attuazione. Per esempio 10. mila firme necessarie per l’ammissibilità, come per i disegni di legge d’iniziativa popolare, la fissazione di un quorum per la validità del responso ed esperibile solo dopo i primi 24 mesi di mandato. In atto, a parte le dimissioni volontarie, l’unico modo concreto per porre fine alla legislatura è disciplinato dall’art. 10 dello Statuto regionale, mozione di sfiducia presentata da almeno un quinto dei deputati regionali e approvata dalla maggioranza assoluta. Tale evenienza determinerebbe la decadenza sia del presidente della Regione sia dell’assemblea regionale siciliana. Qui sta l’intoppo. Sappiamo che molto difficilmente troveremo 46 deputati regionali pronti a rinunciare al proprio seggio per mandare a casa il governatore. Lo verificheremo presto, vedremo cosa accadrà con la mozione di sfiducia nei confronti di Crocetta annunciata da alcune forze politiche.
Sostanzialmente, pertanto, ci troviamo di fronte a un sistema bloccato che non consente l’esercizio di strumenti di democrazia popolare per sopperire alle carenze, che possono essere etiche e/o programmatiche, alle contraddizioni e agli istinti di conservazione dei singoli soggetti che rivestono una carica e della classe politica in genere. Il cittadino, inoltre, è totalmente privo di una qualunque forma di tutela che gli consenta di reagire democraticamente nei casi di stravolgimento delle condizioni poste in campagna elettorale, vedi cambi di casacca, modifiche sostanziali nella composizione della maggioranza o il venir meno di essa, insomma nei casi di tradimento del patto siglato con gli elettori al momento del voto.
E’ precisamente ciò che sta accadendo. Al di là delle considerazioni sull’inadeguatezza dell’attuale esecutivo, ripetutamente ribadita da diverse parti, Crocetta non ha più la maggioranza, quella uscita dalle urne nell’ottobre del 2012, con la conseguente obbligatoria affannosa ricerca, non credibili le smentite in proposito, di intese più o meno larghe con forze politiche di qualunque colore per potere sostenere in aula i provvedimenti governativi, in particolare i documenti finanziari senza i quali nessuna attività amministrativa è possibile nemmeno per un’ora. Si apre, oggettivamente, la fiera dello scambio, della contrattazione estenuante e quotidiana che nulla ha a che vedere con le esigenze reali dei siciliani, esigenze drammatiche che rimangono scandalosamente sullo sfondo di uno scenario di liti, scontri tra partiti, tra fazioni e correnti, tra esponenti politici, per l’accaparramento di posizioni di potere. Rispetto a tutto ciò il cittadino è impotente, inerme, alla mercé delle logiche d’apparato del palazzo.
Una mozione di sfiducia popolare rappresenterebbe, peraltro, una clausola di bilanciamento dell’attuale impianto normativo sull’elezione diretta del presidente della regione, obiettivamente troppo potente e per uno spazio temporale lungo, cinque anni. Una mozione di sfiducia popolare sarebbe, pure, un antidoto efficace a rigurgiti partitocratici del passato quando i vertici istituzionali venivano eletti, spesso e volentieri anche con una frequenza annuale, nei rispettivi consessi collegiali, assemblea regionale e consigli comunali, sovente luoghi di spartizioni innominabili e di imboscate ricorrenti. Rimaniamo convinti che l’elezione diretta del presidente della Regione e dei sindaci debba costituire un punto di non ritorno, ma con degli aggiustamenti in favore del cittadino e della democrazia partecipativa.