CATANIA – La vertenza Cipi giunge al punto di non ritorno. Da domani scattano i licenziamenti collettivi per 50 lavoratori. L’incontro di oggi tenutosi al palazzo Esa fra i legali dell’azienda e i sindacati si è infatti risolto con un verbale negativo: i vertici non tornano indietro sulla decisione di chiudere lo stabilimento di Catania nonostante gli aiuti offerti da Regione e ministero e i sacrifici messi in campo dai lavoratori. A nulla è così valso neppure l’accorato appello lanciato qualche giorno fa dal Mise che, criticando con durezza la scelta della azienda (specializzata nella cartografia pubblicitaria) di cessare le attività a Catania, ha invitato i vertici a ripensarci. All’incontro di oggi oltre alla presenza dei funzionario della Regione, dell’ufficio del Lavoro e dei legali della Cipi, c’erano i rappresentanti confederali delle sigle, Giacomo Rota, Cgil; Maurizio Attanasio, CISL; Giovanni Musumeci Ugl; e i rappresentanti delle categorie Carmelo Giuffrida Ugl; Gianluca Patanè (Slc Cgil) e Antonio D’Amico segretario della Fistel CISL.
L’obiettivo dell’incontro era quello di ottenere quanto meno la possibilità di far slittare di un mese procedure di licenziamento per avere così il tempo di aprire un tavolo al ministero del Lavoro e definire in quella sede gli “estremi” di un’ipotetica proroga della cassa integrazione. Ma anche qui l’azienda si sarebbe mostrata impermeabile alle richieste dei sindacati concedendo solo pochissimi giorni, non sufficienti dunque a ottenere una convocazione da Roma.
E altrettanto dura e forte è stata la posizione dei sindacati. “Abbiamo capito che l’azienda – affermano Cigl, Cisl e Ugl – ha il solo obiettivo di chiudere. Ci sentiamo presi in giro perché è chiaro che non vuole neppure attivare gli ammortizzatori sociali”. Da domani i lavoratori protesteranno fuori lo stabilimento della zona industriale. “Abbiamo registrato un atteggiamento di chiusura incontrollato – prosegue Rota – da parte dell’azienda. Mai ci eravamo trovati di fronte una cosa simile. Tutti devono sapere che la famiglia Circo sta abbandonando così il territorio catanese dopo aver percepito per anni fondi dalla Regione siciliana”.
La Cipi, a cui fa capo la famiglia Circo, aveva annunciato a gennaio di dover dismettere la sede etnea a causa di una crisi economica divenuta insostenibile. Ma per sindacati e lavoratori i problemi non sarebbero affatto irrisolvibili. Dietro la decisione dell’azienda, secondo loro, ci sarebbe in realtà solo la volontà di chiudere a Catania, mantenere la sede di Milano e dirottare all’estero le attività produttive che si svolgevano fino a ieri qui.
E a margine dell’atteggiamento di totale chiusura assunto ancora una volta dall’azienda per i lavoratori rimonta la rabbia. “Pugnalati alle spalle dopo vent’anni di lavoro”, è così che affermano di sentirsi. Oggi, inoltre, la tensione non è mancata nel corso del sit in di protesta che si è tenuto di fronte il palazzo Esa. Le urla e le lacrime dei lavoratori sono esplose all’uscita dei legali della azienda dal palazzo della Regione. Per domani in programma una conferenza stampa.