"Come è facile dirsi antimafiosi" - Live Sicilia

“Come è facile dirsi antimafiosi”

Vincenzo Ceruso
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“Tutti diamo per scontato di essere ‘antimafia’, di condividere gli ideali e i principi della lotta alla criminalità organizzata. Ma non basta dire di ‘essere antimafia’ o pronunciare frasi come ‘la mafia fa schifo’, serve qualcosa di più”. A dirlo è Vincenzo Ceruso, storico della mafia, intervistato da Livesicilia.

In tempi di polemiche su mafia e potere, sulle strategie di contrasto, sull’espansione della criminalità oltre i confini geografici che tradizionalmente le vengono assegnati, secondo Ceruso “ha ancora senso parlare di antimafia, anche se spesso questa degenera in uno scontro tra chi pensa di capirne di più”.

“Oggi – spiega Ceruso – è più difficile riconoscere la mafia perché con il tempo si è trasformata. In passato, nell’ambito di una borgata o di una città, era più facile riconoscere i mafiosi, avevano delle caratteristiche che li rendevano facilmente individuabili. Con il tempo invece la criminalità organizzata si è insinuata nel tessuto economico e sociale, attaccando l’economia legale e questo rende più difficile individuare e contrastare il malaffare. Anche l’antimafia – aggiunge – è mutata, il problema è però nella lotta che si è creata tra chi pensa di capirne di più, tra chi si professa più antimafia dell’altro”.

Così come la mafia può avere diversi aspetti, da quella dei “pizzini” e del covo di campagna a quella dei “colletti bianchi”, secondo Ceruso esistono diversi tipi di antimafia. “C’è quella – chiarisce – della società civile, quella sindacale, quella di matrice cattolica, quella ‘istituzionale’. La prima nasce e cresce grazie all’impegno della gente comune, mentre quella sindacale è un po’ sparita in seguito ai mutamenti della società, alla scomparsa dei luoghi di lavoro come centri di rappresentanza. Quella cattolica spesso lavora nell’ombra, nei quartieri a rischio come quelli dello Zen di Palermo e non sempre è sotto la luce dei riflettori. Poi ci sono le azioni messe in campo dello Stato e dai suoi rappresentanti”.

Ma mafia, e quindi antimafia, non sono fenomeni statici. Al contrario mutano con l’uomo. “Ecco così che nascono esperienze come ‘Addiopizzo’ o ‘Ammazzateci tutti’: dimostrazione che l’antimafia trova nuovi luoghi e modi di esprimersi”. Il problema secondo Ceruso “è nei contrasti, nelle divisioni che spesso emergono. E’ come se si sparassero addosso tra loro. Nella vicenda giudiziaria che coinvolge il presidente della Regione Siciliana Raffaele Lombardo, ad esempio, l’antimafia si è spaccata. Forse però si dovrebbe distinguere la polemica politica dalle altre valutazioni del caso”.

“Le varie anime dell’antimafia – conclude – dovrebbero essere complementari e lavorare insieme nella stessa direzione. Essere, per usare un’espressione che sentiamo spesso, ‘l’antimafia dei fatti’”.

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