Università, compravendita di esami | Chiesto giudizio per gli indagati - Live Sicilia

Università, compravendita di esami | Chiesto giudizio per gli indagati

Dopo lo scandalo degli esami comprati la Procura di Catania chiede il rinvio a giudizio per due studenti e due dipendenti dell'Università. I PARTICOLARI 

CATANIA – Indagini preliminari chiuse e richiesta di rinvio a giudizio depositata. La vicenda delle materie comprate all’Università di Catania scoperchiata, dopo la denuncia del Rettore Giacomo Pignataro, dalla Guardia di Finanza sotto il coordinamento della Procura etnea raggiunge il giro di boa. Adesso toccherà al giudice per le indagini preliminari decidere se mandare a processo o meno due studenti della facoltà di medicina e due dipendenti dell’Ateneo.

Le accuse che ipotizzano i Sostituti Procuratori Tiziana Laudani e Lina Trovato, sono a vario titolo quelle di falsità ideologica, associazione a delinquere, corruzione e accesso abusivo a sistema informatico e telematico. Un ruolo chiave lo avrebbero avuto secondo l’accusa proprio i due dipendenti dell’Università finiti lo scorso dicembre agli arresti domiciliari. Giovanbattista Caruso, addetto alla segreteria, e Giuseppe Sessa, autista dell’Ateneo, avrebbero ricevuto una somma complessiva di 2500 euro, corrisposta in varie tranches di 250/300 euro ciascuna, per registrare tramite il sistema informatico on-line dell’Università, ben 19 materie del piano di studi di Francesco Ferla, studente della facoltà di Medicina e Chirurgia. Una escamotage che avrebbe spianato la strada allo studente siracusano verso il conseguimento della laurea in medicina con un’invidiabile media di 27 trentesimi e il voto finale di 110. Il titolo, conseguito nell’ottobre 2013, tuttavia è stato già annullato con regolare provvedimento dello stesso Rettore.

Nella lista di materie registrate ma mai sostenute ci sono tra le tante: fisiologia, farmacologia cunica, medicina di laboratorio e diagnostica integrata ma anche patologia sistematica e clinica delle malattie cardiovascolari, uno scoglio quest’ultimo, forse, ritenuto insuperabile anche dall’altro studente coinvolto, il messinese Daniele Fiore. Anche quest’ultimo, secondo quanto ipotizzato dai magistrati, avrebbe messo mano al portafoglio per comperarsi la materia al prezzo di 250 euro. Ad aiutarlo per l’accusa sarebbe stato il collega di corso Ferla, che avrebbe agito da intermediario prima di arrivare a Giovanbattista Caruso a cui sarebbe spettato l’ultimo passaggio: quello di mettere nero su bianco la materia.

I due studenti hanno già confessato le proprie responsabilità, come emerso in sede di conferenza stampa, scelta che ha evitato ad entrambi l’ingresso in carcere. L’inchiesta ha preso il via dopo una segnalazione anonima firmata “Studenti di Medicina” arrivata direttamente sul tavolo del Rettore. Il periodo è proprio quello dell’ottobre 2013, lo stesso in cui Fiore venne proclamato dottore in Medicina. L’inchiesta amministrativa interna accertò le violazioni al sistema informatico, del resto si è occupata la Procura dopo la denuncia dello stesso Rettore.

Giuseppe Sessa, l’autista dell’Università, davanti il Gip Anna Maggiore lo scorso dicembre, ha già ammesso le sue responsabilità mentre Giovanbattista Caruso ha invece respinto ogni accusa: “Nell’ufficio – ha replicato – c’erano dodici postazioni dalle quali era possibile accedere al sistema informatico”.

 


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