PALERMO – Può un vitalizio avere un importo più basso di quello fissato per il reddito di cittadinanza? Il paradosso fa capolino tra gli uffici di Palazzo dei Normanni. Gli stessi uffici che in questi giorni hanno lavorato a una “simulazione” sugli effetti dei tagli alle pensioni degli ex deputati regionali. In qualche caso, la somma “netta” che resterebbe in tasca ai politici che si sono ritirati, si aggirerebbe tra i 600 e i 720 euro. Al di sotto, insomma, della cifra di 780 euro: la somma minima per vivere una vita dignitosa, secondo il governo Cinquestelle che ha recentemente approvato reddito e pensioni di cittadinanza. E così, ecco che potrebbe presto scattare il contropiede del presidente dell’Ars Gianfranco Micciché che sarebbe pronto a lavorare a una nuova proposta di taglio, una nuova legge, che chiamerebbe provocatoriamente la “legge dignità”.
Il risparmio dal taglio dei vitalizi
Non si placa, insomma, la polemica sul taglio dei vitalizi in Sicilia. Una riduzione che porterebbe, stando ai calcoli dell’Ars, a un risparmio di circa 5-6 milioni di euro in un anno (se si escludono gli assegni di reversibilità). Soldi che, però, resterebbero comunque nelle casse dell’Assemblea regionale che potrebbe decidere di impiegarli in altri modi. Ma la contraddizione è tutta lì: come si possono tagliare le “pensioni” dei politici al di sotto della soglia individuata come “minima” dalle stesse forze politiche che propongono i tagli? Insomma, al netto di quelli che potranno contare su altre pensioni frutto dell’attività lavorativa extra politica, o doppi vitalizi, come faranno quelli che si vedranno alleggerire l’assegno a volte di oltre il settanta per cento?
Gli ex deputati più “tartassati”
Dagli studi di Palazzo dei Normanni, tra l’altro, emerge che le situazioni di questo tipo sono molte, moltissime. Oltre la metà dei vitalizi che attualmente vengono erogati dall’Assemblea scenderebbe finirebbero, con i tagli, sotto la soglia minima del reddito di cittadinanza: più di settanta sui 140 vitalizi erogati in questo momento dal parlamento siciliano. Tra questi, solo per fare qualche nome, ecco il siracusano ex deputato Dc, ex sindaco di Siracusa e presidente della Provincia aretusea Benedetto Brancati (85 anni); il deputato comunista Emanuele Macaluso (95 anni); il comunista messinese Antonino Messina (84 anni); Mario D’Acquisto (84 anni) che fu presidente della Regione negli anni che separano l’omicidio di Piersanti Mattarella da quello di Carlo Alberto Dalla Chiesa; Salvatore Corallo (90 anni) anche lui presidente della Regione per pochi mesi, nel 1961; Letizia Battaglia (83 anni) nota fotografa che fu parlamentare regionale con “La Rete” di Leoluca Orlando; il marsalese Vito Giacalone (95 anni), Vito Bellafiore (90 anni), il messinese Vincenzo Coco (80 anni), l’ex segretario regionale del Partito comunista Luigi Alberto Colajanni (76 anni), il deputato di Riposto Carmelo D’Urso (82 anni). Sono questi, come detto, solo alcuni degli oltre 70 vitalizi che si fermeranno sotto l’asticella dei 780 euro netti. E questo anche grazie a una “clausola di salvaguardia” prevista dalla norma nazionale che porta appunto a circa 1.300 euro lordi (quindi meno di 700 euro netti al mese) i vitalizi che, col ricalcolo, si sarebbero attestati sotto quella soglia.
La riunione di lunedì
Ed è proprio l’effetto “concreto” dei tagli uno degli argomenti che Micciché potrebbe portare al tavolo della Conferenza dei presidenti delle Assemblee legislative regionali che si riunirà lunedì mattina per chiedere al governo nazionale di lavorare a un progetto che alleggerisca la portata dei tagli stessi. Non è ancora certo però se il presidente dell’Assemblea regionale siciliana sarà presente in quella sede.
Miccichè e la “legge dignità”
Nel frattempo, infatti, è maturata un’altra ipotesi. Quella cioè di lavorare a una legge tutta siciliana per il taglio dei vitalizi. Una norma che consenta di eliminare le anomalie e le storture più clamorose, ma allo stesso tempo di “ammortizzare” i tagli previsti dal governo gialloverde. Una legge che Micciché si prepara a denominare provocatoriamente “legge dignità” facendo il verso al decreto grillino. Un po’ sul solco di quanto si era fatto con la legge Monti che prevedeva i tagli agli stipendi: alla fine è stata l’Ars, nel 2011, a decidere per conto proprio, pur facendo riferimento ai principi della legge nazionale, creando anche una ‘sottocommissione’ che ha lavorato alla norma. Se si ripeterà questo schema anche per i vitalizi, però, inevitabilmente si innescherebbe un braccio di ferro con Roma con tanto di probabile impugnativa e di soluzione da affidare al giudizio della Corte costituzionale.
“Questi tagli non li faccio”
“Così com’è non lo faccio, se vogliono farlo mi devono sfiduciare” avrebbe ribadito infatti Micciché nei giorni scorsi ai suoi fedelissimi. Il “così com’è” ovviamente si riferisce ai tagli voluti nel parlamento nazionale. Ci sarebbe, però, nell’idea di Micciché, la volontà di far “dimagrire” comunque quei vitalizi, “ma non al di sotto di una soglia minima e dignitosa” avrebbe puntualizzato il presidente dell’Ars; e in questa legge sarebbe prevista la decadenza delle reversibilità (i vitalizi ‘girati’ ai parenti dei deputati nel frattempo scomparsi) nel caso in cui il congiunto possa contare comunque su un proprio reddito. Restano sullo sfondo altre anomalie, come quelle dei vitalizi ottenuti da deputati che hanno occupato i banchi di Sala d’Ercole a volte solo per qualche settimana. Su questo punto, la strada sembra più stretta, visto che la legge consentiva a queste persone, un po’ di anni fa, di “riscattare” pagando i contributi l’intera legislatura anche nel caso di una breve apparizione, e così conquistare il diritto al vitalizio.
Tagli quindi, ma non come “dettano” i Cinquestelle. Questa l’idea che ormai ha messo le radici a Palazzo dei Normanni, dove Micciché si sarebbe lasciato andare anche a un parziale “mea culpa”: su certa anomalie, come quelle appunto relative alle reversibilità “facili”, si è fatto troppo poco e poteva essere messa in campo qualche azione anche in questa legislatura. Per il resto, rimane alto il muro. “Non si può sconvolgere la vita di un anziano che magari in questi anni ha anche acceso un mutuo contando sui soldi che gli venivano riconosciuti dalla legge: se non riesce più a pagare che fai, gli togli la casa?” avrebbe poi detto Micciché ai suoi. Perché il paradosso si è fatto spazio a Palazzo dei Normanni: può il vitalizio essere più basso della “pensione di cittadinanza”?
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