CATANIA – Saranno tempi duri per la minoranza. E ancora non è nemmeno prevedibile quanto. Il risultato del centrodestra si trasforma in un Consiglio comunale a dir poco blindato. Enrico Trantino ha ufficialmente superato il 66 per cento delle preferenze, la coalizione a suo sostegno il 70. E l’aula consiliare rifletterà questo risultato, consegnando alla città un senato cittadino composto proporzionalmente ai voti ottenuti dalle liste. In 36 dovranno sedere sugli scranni di Palazzo degli elefanti: a Maurizio Caserta, primo dei candidati a sindaco non eletti, tocca il posto d’onore dell’opposizione. Assieme a due eletti del Movimento 5 stelle e a tre eletti del Partito democratico.
I consiglieri di Fratelli d’Italia
Si parte con Fratelli d’Italia, che elegge una truppa numerosissima: sette consiglieri. Daniele Bottino, re delle preferenze in salsa rossazzurra, firma la riconferma. Con lui anche altri due uscenti: Andrea Barresi e Paola Parisi. Faranno il loro ingresso in aula consiliare anche Erio Buceti, Erika Bonaccorsi e Giovanni Magni. Il settimo posto dovrebbe andare a Viviana Lombardo, nota per quel “detta Nuccio” che tanto sui giornali si è commentato. Figlia dell’ex assessore alle Attività produttive Nuccio Lombardo, è stata lei stessa assessora anche lei con la stessa delega del padre, negli ultimi scampoli della precedente amministrazione.
Degli uscenti candidati in lista, invece, non ce la fanno il consigliere di lungo corso Santi Bosco e l’avvocato Manfredi Zammataro, impegnato in politica praticamente da sempre. Niente da fare neanche per Santo Russo, ex capogruppo di Fratelli d’Italia in Consiglio, e per Angelo Patanè Di Fede, già presidente del V Municipio, che deve rinunciare al sogno di Palazzo degli elefanti per le amministrative 2023.
I consiglieri di Forza Italia
La Forza Italia catanese a trazione Marco Falcone fa registrare un grande successo. Con cinque consiglieri comunali eletti sarà la seconda compagine politica, a parimerito con Prima l’Italia, per numero di eletti. Ce la fa l’uscente Giovanni Petralia, e torna in aula Riccardo Pellegrino, che tra il 2013 e il 2018 è già stato senatore cittadino. Con loro anche Piermaria Capuana, figlio d’arte e, coi suoi vent’anni, più giovane consigliere comunale eletto nella storia del capoluogo etneo. Milena Monteleone e Melania Miraglia chiudono il cerchio, approdando per la prima volta in municipio.
Chi non riesce a strappare, invece, il biglietto per un altro quinquennio tra i banchi del Consiglio è Mario Tomasello, detto Poiatti. Anche lui, come Bottino, è stato uno dei protagonisti della campagna elettorale svolta attraverso Caf e patronati.
I consiglieri di Prima l’Italia
Prima l’Italia, costola isolana della Lega affidata alle cure degli onorevoli Luca Sammartino e Valeria Sudano, porterà in aula cinque consiglieri comunali. Giuseppe Gelsomino, già capogruppo, viene riconfermato. Torna in Consiglio, dopo un quinquennio di assenza, anche Giuseppe Musumeci, fedelissimo di Sammartino, tanto da essere rimasto coinvolto con lui nell’inchiesta per corruzione elettorale a carico di quest’ultimo.
Centra l’elezione Maurizio Zarbo, forte dell’esperienza maturata al consiglio di quartiere, tra Monte Po e Nesima. Si piazza in posizione utile anche Valentina Saglimbene, figlia del consigliere uscente, ex Fratelli d’Italia, Franco Saglimbene. Ultimo a farcela è Andrea Cardello.
Niente da fare, invece, per gli uscenti Agatino Giusti e Sara Pettinato, anche lei transfuga di FdI. Non riesce nel suo obiettivo nemmeno Nico Sofia, ex assessore ai Lavori pubblici nel Comune di Misterbianco, durante la sindacatura di Ninella Caruso. Ai tempi era in quota Movimento per l’Autonomia. Sua sorella Sonia Sofia, cinque anni fa, era candidata nella lista In Campo con Pogliese. Entrambi, Nico e Sonia, sono figli dell’ex consigliere comunale Carmelo Sofia, eletto nel 2013 nella lista Con Bianco per Catania.
Fuori dai giochi, infine, Lorenzo Leone. Storico presidente di circoscrizione a Librino, Leone viene da una lunga esperienza politica nei quartieri alla periferia Sud di Catania. Di lui si è parlato a lungo quando, nell’ormai lontano 2016, il suo nome era stato citato all’interno di una relazione della Commissione regionale Antimafia – all’epoca presieduta da Nello Musumeci – sulle parentele scottanti degli eletti nella città di Catania: oltre a Riccardo Pellegrino (citato per via del fratello Gaetano), nel documento si menzionava anche Lorenzo Leone, appunto. A causa di suo fratello, Gaetano Leone, ritenuto esponente del clan Santapaola-Ercolano. “Essere fratelli non è reato”, aveva detto all’epoca il presidente di circoscrizione. La cui vita politica era poi continuata senza particolari scossoni. Per arrivare a Palazzo degli elefanti, però, la strada sembra essere più lunga del previsto.
I consiglieri autonomisti
Gli autonomisti di Catania si sono presentati alle elezioni con due liste, entrambe benedette da Raffaele Lombardo. Grande Catania e Popolari e Autonomisti raccolgono, insieme, il 16,8 per cento delle preferenze. Quattro sono i consiglieri che elegge Grande Catania e due, invece, quelli portati in aula da Popolari e Autonomisti.
I quattro di Grande Catania, intanto, sono volti già conosciuti: il presidente del Consiglio comunale Sebastiano Anastasi, gli uscenti Alessandro Campisi e Orazio Grasso, e l’avvocata Serena Spoto, ex presidente della partecipata Multiservizi. Niente da fare per gli uscenti Nino Penna e Bruno Brucchieri. E nemmeno per l’ex bianchiana Maria Grazia Felicioli e per Damiano Capuano, che come Felicioli viene dall’esperienza politica di quartiere e sperava di fare il salto verso piazza Duomo.
Tra i Popolari e Autonomisti, invece, la fanno da padroni i due consiglieri uscenti Maria Grazia Rotella e Angelo Scuderi.
I consiglieri della lista Trantino
Quattro sono, invece, i consiglieri della lista civica Enrico Trantino sindaco per Catania. Giovanni Curia, proveniente da un’esperienza al IV municipio e figlio del consigliere comunale uscente Bartolo Curia, centra al primo colpo l’elezione a Palazzo degli elefanti. A seguire, insieme a lui, Fabio Domenico Currò e Alessia Trovato. Il quarto posto vede tornare in Comune l’ex consigliere Anthony Manara.
Chi non ce l’ha fatta, in questa lista, sono alcuni volti noti: Ivan Albo, presidente del Consiglio comunale di San Gregorio, nel piccolo centro della cintura di Catania è stato anche in passato assessore ai Beni confiscati. È nipote del principe del foro Enzo Trantino, padre del sindaco Enrico Trantino.
Flop anche per Francesca Raciti, presidente del Consiglio comunale tra il 2013 e il 2018, ex Partito democratico ed ex Italia viva. Anche quello di lei è un nome che risuona tra le pagine della cronaca cittadina: era stata citata nella relazione dell’Antimafia per via di suo padre, Melo Raciti, citato da alcuni collaboratori di giustizia come imprenditore vicino al clan Santapaola e, più di recente, coinvolto nell’inchiesta Zeta sulla famiglia Zuccaro per via dei passaggi di proprietà di alcuni locali. Melo Raciti si è sempre detto estraneo a ogni coinvolgimento, e l’ultimo processo lo ha visto assolto perché il fatto non sussiste. Pure il fratello di Francesca, Salvatore Raciti, ha avuto qualche guaio: in alcuni bungalow del lido Le Capannine, di cui Raciti è socio, sono state trovate delle armi. Per il possesso illecito delle quali, nel 2020, è stato arrestato proprio Salvo Raciti.
I consiglieri di Noi moderati – Democrazia cristiana
Due consiglieri scattano alla lista Noi moderati – Democrazia cristiana. Gli eletti sono, ancora una volta, due facce già viste: Salvo Giuffrida, consigliere comunale per il terzo mandato consecutivo, già vicepresidente vicario del senato cittadino; e Maurizio Mirenda, conoscenza che rimanda alla consiliatura 2013-2018. Negli ultimi giorni del Consiglio comunale uscente, Mirenda si è guadagnato di nuovo uno spazio per via di dimissioni e avvicendamenti. Poca cosa rispetto al rientro in grande stile, da secondo più votato della lista Dc, che si prepara a fare.
Non riescono a rientrare, invece, altri due ex senatori cittadini, già colleghi di Mirenda: Salvo Spadaro e Massimo Tempio restano fuori dai giochi anche per questa tornata elettorale.
I consiglieri di minoranza
Con numeri così, quello della minoranza è un paragrafo piuttosto breve. Due seggi scattano al Movimento 5 stelle: riesce il capolista e già capogruppo Graziano Bonaccorsi, che si candida di nuovo a guidare un’agguerrita opposizione al centrodestra cittadino. Eletto anche Giovanni Amato: nel 2013 è stato eletto al Consiglio della prima circoscrizione con la lista Tutti per Catania, a sostegno dell’allora candidato sindaco Raffaele Stancanelli. Nel 2018 ha tentato il salto verso il Consiglio comunale con la lista Diventerà Bellissima, per Salvo Pogliese primo cittadino, ma non ce l’ha fatta. Ora, folgorato sulla via di Giuseppe Conte, è pronto per il municipio etneo.
Non ce la fa Giuseppe Fichera, uscente in cerca di riconferma; e neanche Gianina Ciancio, ex deputata regionale e assessora designata di Caserta, che per soli nove voti deve cedere il passo ad Amato. Nulla di fatto anche per Daniele Cavallaro, fondatore di Gammazita e da dieci anni operatore sociale nella zona del Castello Ursino.
Con l’8,5 per cento raggiunto, il Partito democratico porta a casa tre consiglieri comunali, che potrebbero diventare anche quattro in questi tempi incerti. In una lista che ha puntato tanto sui candidati alla prima esperienza, il più votato non ha neanche trent’anni: Damien Bonaccorsi riesce a essere eletto consigliere comunale. Ce la fa anche la candidata che era in accoppiata con lui: Anna Vullo, sorella dell’ex consigliere comunale Nino Vullo e dell’ex consigliere regionale Gianfranco Vullo, nonché moglie dell’ex revisore dei conti del Comune di Catania Carlo Cittadino.
Il terzo scranno è per l’attivista Gerri Barbagallo. Rimangono fuori la stella del rugby Orazio Arancio, a cui era stato affidato il primo posto in lista, e la storica attivista librinese, da sempre impegnata nel sociale, Sara Fagone.