Consiglio comunale, serve altro tempo: intanto si fanno i conti - Live Sicilia

Consiglio comunale, serve altro tempo: intanto si fanno i conti

Gli eletti potrebbero insediarsi intorno alla fine di luglio. E, nel frattempo, dovrebbero chiarirsi i contorni di eventuali "abdicazioni" e tanti malumori.

CATANIA – È passato poco meno di un mese dalle elezioni amministrative 2023 di Catania. E sarà necessario attendere almeno altrettanto tempo per vederne gli effetti pratici a Palazzo degli elefanti: il nuovo Consiglio comunale difficilmente si riunirà prima di metà luglio o della fine dello stesso mese. Solo allora i 36 consiglieri eletti potranno insediarsi, e affrontare nella canicola pre-agostana i problemi del capoluogo etneo. Prima, però, ci saranno da gestire i soliti equilibri d’aula. Difficilissimi dentro a un senato cittadino che potrà contare su trenta consiglieri per la maggioranza e solo sei per l’opposizione.

I doppi ruoli

C’è intanto il tema dei consiglieri comunali che sono stati promossi alla carica di assessore dal neosindaco Enrico Trantino. Come già raccontato su LiveSicilia, il primo cittadino ha preparato la sua giunta tenendo sotto braccio il manuale Cencelli pronto da consultare. Le indicazioni dei partiti, però, hanno portato a sedere accanto al sindaco diversi eletti al senato cittadino. Sembra che la richiesta iniziale di Trantino fosse che dovessero dimettersi da consiglieri comunali, per lasciare posto ai primi dei non eletti. Proposta che sarebbe stata rigettata dalla maggior parte dei partiti.

Così Giuseppe Gelsomino, assessore alle Attività produttive in quota Lega (e, più precisamente, in quota Luca Sammartino e Valeria Sudano), dichiara senza problemi: “Almeno per il primo periodo, resterò certamente anche consigliere comunale. Il rapporto tra colleghi consiglieri – spiega – è molto più diretto che tra un consigliere comunale e un assessore. Io che sono stato solo consigliere per cinque anni, conosco il valore del nostro lavoro e per questo, per me, è importante potere continuare a svolgerlo”.

Allo stesso modo, rimarrà attaccato alla sua poltrona in aula consiliare anche Giovanni Petralia, Forza Italia, a cui sono state assegnate le deleghe a Manutenzioni, Autoparco e Servizi Cimiteriali. Il primo dei non eletti dei forzisti è un nome di un certo peso: Mario Tomasello, detto Poiatti, protagonista di una campagna elettorale a suon di Caf, ha ottenuto oltre 1200 preferenze. Che non gli sono state sufficienti per centrare la rielezione. Così, se il suo collega di partito deciderà, con l’avallo dei vertici azzurri, di ricoprire sia la carica di consigliere sia quella di assessore, resterà a guardare da dietro la porta.

Fratelli d’Italia, invece, parrebbe che la regola se la sia data: o consigliere o assessore. Viviana Lombardo, quindi, potrebbe essere l’unica componente della giunta a dimettersi dal suo ruolo in aula consiliare. Intanto perché il suo posto di unica donna in una squadra di soli maschi è una specie di riserva indiana: a lei sono toccate, guarda caso, le Pari opportunità (oltre che le Politiche giovanili e i Beni confiscati). Nella lista prenditutto di Fratelli d’Italia, però, dopo le eventuali dimissioni di lei dovrebbe trovare spazio in aula consiliare un’altra donna: Agata Maria Scalia, candidata in accoppiata con Giovanni Magni e non eletta al primo turno per un paio di centinaia di voti. Tutt’e tre – Lombardo, Magni e Scalia – rappresentano l’area dei meloniani più vicina al presidente dell’Assemblea regionale siciliana Gaetano Galvagno.

Il presidente del Consiglio comunale

Tra una discussione su eventuali abdicazioni e una sulle alternanze, l’aula consiliare dovrà anche votare il suo presidente e il suo vicepresidente vicario. Il vicepresidente vicario, a Palazzo degli elefanti, è stata una delle battaglie d’aula più agguerrite che si siano viste nell’ultimo quinquennio. Oggi, però, la situazione dovrebbe essere più tranquilla. Sebastiano Anastasi, eletto presidente alla fine della precedente esperienza amministrativa con un plebiscito, veleggia verso la rielezione. La carica, del resto, sempre secondo il famoso manuale democristiano della Prima Repubblica, spetterebbe proprio agli autonomisti.

Il voto, però, è segreto. Ed è in queste circostanze che vengono fuori i mal di pancia di una maggioranza troppo ampia per essere compatta. Le “schegge impazzite“, già le chiamano così, potrebbero decidere di contarsi alla prima votazione utile. E così potrebbero venire fuori i malumori di chi non ha ottenuto ciò che voleva: Andrea Barresi non è stato nominato assessore per Fratelli d’Italia; Riccardo Pellegrino (Forza Italia) ambiva a un posto in giunta anche per Melania Miraglia e, non avendolo ottenuto, ha attaccato in un comunicato stampa al vetriolo il presidente della Regione Renato Schifani.

C’è poi Alessandro Campisi: secondo più votato di Grande Catania, ha pubblicato su Facebook la scorsa settimana una fotografia accompagnata da un messaggio quantomeno criptico: “Riflessioni” è il testo che accompagna la foto di una tavolata al ristorante. Oltre a Campisi, nello scatto ci sono anche Anthony Manara, rieletto nel 2023 con la lista Trantino sindaco dopo uno stop di cinque anni, e Tuccio Tringale, ex consigliere comunale. E, soprattutto, ex “esperto” del sindaco Salvo Pogliese. Tutti i mal di pancia messi insieme potrebbero essere sufficienti per fare entrare in crisi le spartizioni chirurgiche pensate in sede di accordi pre-elettorali?


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