PALERMO – La chiamano “guerra democratica”: “Suoniamo, scampaniamo e coinvolgiamo la città. Non siamo terroristi né ladri, né magnaccioni: vogliamo solo lavorare”. E a “scampanare”, i dipendenti Gesip hanno già iniziato oggi, con bastoni, tubi di ferro e bombole del gas usati come tamburi.
Sotto palazzo delle Aquile sono una ventina. Quindici, dicono, sono quelli che dormono nelle tende da campeggio montate attorno alla fontana di piazza Pretoria. Quelli che da tre giorni portano avanti lo sciopero della fame.
Il giorno delle elezioni regionali, per Gesip è stato anche quello del tavolo prefettizio. Un incontro finito male, perché sindacati, Regione, Comune e formazione regionale non hanno trovato una soluzione sia per lo sblocco della cassa integrazione che per il pagamento dei più impellenti stipendi di settembre e ottobre.
E l’esasperazione dei lavoratori sale. Già ieri una lsu era stata aggredita da una dipendente Gesip in sit-in a piazza Pretoria, che con altri lavoratori minacciava di darsi fuoco. “Il Comune di Palermo non tollera e non tollererà – ha scritto ieri l’amministrazione – alcun atto di violenza, contro persone o cose” .
“Noi accusiamo il sindaco di fomentare la violenza è l’esasperazione dei lavoratori: una famiglia senza due mesi di stipendio non è una realtà facile” risponde Piero Lo Cicero della Filcams Cgil. E ancora: “Com’è che ci rimproverano sempre questo frastuono che facciamo – lamenta un altro manifestante – ma chi deve difendere le nostre famiglie?”. Per i manifestanti Orlando è un “Ponzio Pilato” che aveva promesso di scendere in piazza con la Gesip, ma che “ancora non ha visto nessuno”.
Adesso è alla Regione che va giocata la partita e la Uiltucs ha chiesto l’apertura di un tavolo. Solo il neo governo dell’Isola potrà salvare l’azienda di via Toselli, includendola nella lista di quanti potranno beneficiare della cassa integrazione in deroga. Un incontro a palazzo d’Orleans tra comune e sindacati che ancora però non è stato confermato. Nel frattempo la Gesip è in strada con la sua “guerra democratica”.