La vera notizia non è che il segretario generale dell’Assemblea Giovanni Tomasello è andato in pensione a 57 anni. Quando si parla di previdenza la Regione Siciliana, dove tanto per dirne una la riforma Dini non viene applicata come per tutti gli italiani con decorrenza primo gennaio 1996 bensì primo gennaio 2004 (facendo così guadagnare ai dipendenti otto anni di trattamento retributivo), è un mondo a parte.
Forse la notizia non è nemmeno che a sostituire il 57enne Tomasello è stato chiamato il 60enne Sebastiano Di Bella, ex capo di Gabinetto del presidente del cosiglio regionale Giovanni Ardizzone, esponente dell’Udc. La notizia, ha raccontato scandalizzato il consigliere dei democratici riformisti per la Sicilia Marco Forzese, sarebbe piuttosto la buonuscita del dirigente pensionato: un milione e mezzo di euro, cifra commisurata a uno stipendio evidentemente sontuoso.
Ma chi, giustamente rabbrividisce davanti a una liquidazione pubblica di tale sbalorditiva entità deve sapere che questo non è un regalo al signor Tomasello. Si tratta del frutto avvelenato di una crescita abnorme e ingiustificata delle retribuzioni (condita da privilegi assurdi come quello che fino a pochi mesi fa consentiva il pensionamento a chi dimostrasse di avere un genitore disabile: 1.261 in sette anni) capace di trasformare negli anni il palermitano palazzo dei Normanni in un inaccettabile Eldorado foraggiato dai contribuenti in mezzo a una valle di lacrime.
La Corte dei conti ha calcolato che nel 2010 la buonuscita media (media!) di un direttore regionale aveva raggiunto 420.113 euro, con un aumento superiore al 225 per cento rispetto ai 129.203 euro del 2011. Per le liquidazioni dei suoi dipendenti pensionati la Regione ha tirato fuori in un solo anno la bellezza di 63,7 milioni. Distribuendo così succulenti antipasti di trattamenti previdenziali altrettanto appetitosi, quale certo sarà quello di Tomasello. Al 31 dicembre del 2012 i magistrati contabili ne avevano contati 16.377. Per una spesa di 656 milioni. Costo medio, il doppio rispetto a quello di un pensionato dello Stato.